Mentre Draghi si dimette e Mattarella gli chiede di restare al suo posto. Mentre i 5Stelle provano a far cadere un governo ma non ci riescono e si spaccano in mille pezzi. Mentre gli italiani sono sull’orlo della disperazione con bollette alle stelle, l’inflazione che galoppa, la spesa al supermercato che costa sempre più e l’incubo della crisi energetica, arriva un bagliore di lucidità. E quel bagliore di lucidità di analisi è di Giulio Tremonti. In un’intervista a Libero attacca il premier dimissionario e l’Ue, senza troppi scrupoli. I passaggi interessanti sono molti, ne riportiamo alcuni. Dice l’ex ministro dell’economia: “Il percorso del governo Draghi si snoda su tre tappe fondamentali: l’insediamento, la conferenza di fine 2021, e l’oggi. Il discorso di insediamento era di ampio respiro e, soprattutto di ampia ambizione. Andava oltre l’emergenza e si sviluppava sulla promessa delle grandi riforme ‘alla Cavour’. Covid più Pnrr. C’era già un errore politico: vi si citava l’unità nazionale di De Gasperi. Un po’ esagerato: altro che unità nazionale, De Gasperi liquidò Togliatti che per suo conto ci stava. Ma, insomma, le riforme si potevano realizzare: il governo aveva davanti a sé due anni e mezzo di lavoro e una maggioranza schiacciante. Quanto basta”. (Continua a leggere dopo la foto)
Analizza Tremonti: “Il passaggio chiave della conferenza di fine 2021 è quello del ‘nonno delle istituzioni’. Forse Draghi si preparava per il Quirinale… Oggi il cantiere delle riforme che potevano rilanciare il paese è invisibile. Non c’è traccia delle grandi riforme fiscali, giustizia, pensionistica. E il Pnrr è invischiato nella somma di tre burocrazie; quella centrale e territoriale italiane a cui s’aggiunge quella europea. C’è un sottosegretario (Garofoli, ndr) che si vanta di 998 decreti attuativi del Pnrr fatti in un anno da parte del governo, tre decreti al giorno domeniche comprese. Ma si tratta di una paralizzante orgia burocratica, di una follia. Mi dica se si ricorda anche uno dei 45 progetti approvati”. (Continua a leggere dopo la foto)
Attacca Tremonti: “Il Pnrr, così, mi ricorda più il piano quinquennale sovietico. Nel bilancio Ue, il rapporto dare/avere per l’Italia, tra contributi da riparametrare e tributi europei ancora da introdurre, non è necessariamente a nostro vantaggio. Una parte dell’effetto virtuoso dei fondi del Pnrr è da conquistare, un’altra da dimostrare. Il resto è a debito in continuo condizionamento”. Continua Tremonti: “Lo Stato dà i fondi alla Ue, la Ue li dà alle regioni, in gestione. E le nostre regioni, soprattutto quelle del sud, non in grado di progettare e spendere quei fondi li hanno dovuti restituire; e i fondi, redistribuiti, hanno contribuito alla costruzione dell’assett autostradale della Polonia, per dire. Oggi il governo ha appena avuto la fiducia. La domanda è: per fare che cosa? Tracce di De Gasperi ne abbiamo viste pochine, finora, e siamo comunque a fine legislatura”. (Continua a leggere dopo la foto)
Conclude Tremonti: “Vede, c’era in partenza una perfetta simmetria di grande fiducia per un grande governo. Ora la fiducia è buona ed è sufficiente per curare le emergenze di quest’ ultimo scorcio di legislatura, ma per le riforme strutturali abbiamo oramai perso il treno”. Tremonti chiude con un salto indietro, alla “leggenda del whatever it takes di Draghi: “Il risultato è stato ed è che la massa della ricchezza finanziaria si è staccata dalla realtà diventando un’entità più astronomica che economica. I conti non si fanno più in billion – come era ancora 10 anni fa . ma in trillion. Da whatever it takes siamo infine arrivata a whatever mistakes…”.
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