Le manovre del gruppo Stellantis fanno discutere. E crescono le preoccupazioni per un’altra eccellenza del nostro Paese a forte rischio. Torna in mente la polemica avviata da Repubblica contro Meloni e il suo governo, rei, secondo il quotidiano romano, di voler “svendere l’Italia”. Accuse prontamente rispedite al mittente dalla nostra Premier, che aveva rilanciato mettendo nel mirino la proprietà del quotidiano romano, ossia la famiglia Elkann. “Non accetto accuse da chi ha dato Fiat ai francesi”, aveva tuonato Giorgia. E oggi il centro dell’attenzione torna proprio lì, sulle trattative in corso fra gli Agnelli-Elkann e la Renault. Si prospetta una fusione che potrebbe cambiare tutto il sistema auto europeo. Ma, nei termini in cui viene prospettato, rischia di relegare l’Italia a un ruolo assolutamente secondario. Non a caso, l’operazione vede il completo appoggio di Emmanuel Macron. (continua dopo la foto)
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A Macron piace l’idea di battezzare la nascita di un gruppo tutto francese, che sia in grado di competere in un mercato sempre più caotico e difficile da affrontare. Le sirene cinesi si fanno sentire. In molti pensano che il Dragone dominerà la scena della produzione di automobili nel prossimo futuro. Ed è uno dei motivi che stanno spingendo Stellantis a ipotizzare la “fusione” con Renault. Se ciò avvenisse, si accrescerebbe il potere dello Stato francese sul nuovo soggetto. Che potrebbe anche impedire, o comunque rendere molto più costoso, il ventilato ingresso dello Stato italiano nel capitale di questo nuovo gruppo. La prospettiva di un dominio francese su Stellantis, in ogni caso, preoccupa. E fa risuonare un gigantesco campanello d’allarme sulle attività italiane. (continua dopo la foto)
Agli Elkann andrebbe anche bene essere azionisti di quello che diventerebbe un colosso del settore auto mondiale. Ma questo potrebbe avvenire solo rinunciando a una parte delle loro quote. Il che aprirebbe uno scenario davvero preoccupante per le fabbriche italiane del gruppo. Anche perché l’AD dell’azienda, Carlos Tavares, ha iniziato una polemica piuttosto dura con il nostro governo. Accusando l’esecutivo di non offrire incentivi per l’acquisto di auto elettriche e minacciando di tagliare la produzione in Italia. Un affondo che a Meloni e ai suoi non è per nulla piaciuto. E nemmeno ai sindacati. Il segretario della Cisl Luigi Sbarra, in un’intervista al Mattino, lo ha sottolineato con forza: “I toni che ha usato recentemente Tavares non ci sono piaciuti”, ha detto. “Sfiorano il ricatto”. (continua dopo la foto)
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Intanto l’AD di Stellantis ha rincarato la dose. “Se l’industria automobilistica non si muove, scomparirà sotto l’offensiva del colosso cinese. Io sto solo cercando di capire come far sì che la mia azienda abbia successo”. Fra le possibili risposte, c’è anche l’eventuale chiusura di alcuni fra i principali stabilimenti italiani. La scusa è sempre la mancanza di incentivi per l’elettrico. Ma intanto Tavares ha indicato gli impianti italiani che sarebbero a rischio: in particolare lo stabilimento Mirafiori a Torino e quello di Pomigliano, in provincia di Napoli. Se la fusione Renault-Stellantis andrà in porto, il settore della produzione auto italiano potrebbe andare a picco. E ritrovarsi fuori dai giochi che contano.
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