x

x

Vai al contenuto

Semilibertà per i manager della Thyssenkrupp: “Le morti sul lavoro impunite”

Pubblicato il 18/06/2020 09:59

Il lunghissimo iter processuale tra Italia e Germania si conclude, ma con una decisione da parte delle autorità tedesche che provoca enorme stupore e moltissima rabbia ai famigliari delle vittime del terribile rogo del 2007. Sembrava che in Germania avessero accettato la sentenza italiana, ma -come riferito da fapage.it- “i due manager dell’azienda Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz”, accusati di omicidio colposo e incendio doloso, “non sconteranno mai la loro pena completamente in carcere”. Lo conferma il procuratore generale del tribunale di Essen, Anette Milk , durante un’intervista all’emittente Radio Colonia: “È previsto che i due condannati scontino la pena con il cosiddetto ‘Offener Vollzug’, il che sifgnifica che i due detenuti saranno in carcere solo durante la notte, ma potranno uscire durante il giorno”.

Il 6 dicembre 2007 nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino, ci fu un grave incidente, considerato tra i più gravi avvenuti sul lavoro nell’Italia contemporanea. L’incendio ha causato la morte di sette operai, deceduti nel giro di 30 giorni.

Furono sollevate moltissime critiche all’azienda “sia perché alcuni degli operai coinvolti nell’incidente stavano lavorando da 12 ore, avendo quindi accumulato 4 ore di straordinario, sia perché secondo le testimonianze di alcuni operai i sistemi di sicurezza non funzionarono (estintori scarichi, idranti inefficienti, mancanza di personale specializzato)”.

Per i giudici tedeschi la decisione sulla condanna è adeguata in quanto -come riferito sempre da fanpage.it- “non hanno precedenti penali, non sussiste il pericolo di fuga e non c’è il rischio della reiterazione del reato perché rivestono altri ruoli”.

“La notizia è inattesa e vergognosa” commenta Antonio Boccuzzi, unico operaio della Thyssenkrupp sopravvissuto all’incendio, “Cinque anni erano pochi, ma almeno erano qualcosa, questa concessione, invece, è pazzesca, incredibile, in questo processo non c’è più nulla di normale”. In pratica “le morti restano così impunite”, dichiara Rosina Demasi, madre di Giuseppe, uno delle vittime.