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Scuola, l’ultima Azzolinata. Altro che banchi e aule, qui mancano proprio gli insegnanti!

Pubblicato il 07/09/2020 18:01 - Aggiornato il 08/09/2020 15:03

Banchi monoposto, tamponi, mascherine e contagi a parte, quest’anno c’è un altro fattore, da tenere in considerazione, che impedirebbe agli studenti di riuscire a fare lezione. È infatti possibile, e non poi così troppo improbabile, che gli studenti arrivino in classe ma non trovino l’insegnante. 

Stando alle proiezioni dei sindacati ben 60mila cattedre restano scoperte. Su “84mila nuove assunzioni” previste, alla fine solo “24mila sono andate a buon fine. Poco più di un quarto”. 

C’è il rischio che non sia stato portato a termine per tempo un compito che non rientra affatto nel contesto di emergenza Covid e che invece ha più a che fare con la gestione delle assunzioni. Il governo era consapevole della voragine disastrosa che riguarda la situazione delle assunzioni dei docenti. I concorsi sono troppo pochi, “negli ultimi 30 anni quelli veri si contano sulle dita delle mani”, riferisce il Corriere della Sera, da cui riprendiamo la notizia. 

Il tema è bollente e raggiunge l’apice dell’assurdità con questo governo che ha saputo rendere la situazione ancora più complessa. “Da quest’anno, infatti, è entrata in vigore una norma che prevede che chi entra in ruolo nell’anno scolastico 2020/2021 avrà l’obbligo di rimanere 5 anni nel luogo di assegnazione per non perdere l’immissione”. 

Non è difficile da immaginare che una madre di famiglia di 40/50 anni (l’età media dei precari) abbia serie difficoltà a lasciare la famiglia per 5 anni, per uno stipendio che, tra l’altro, servirebbe quasi interamente per coprire le spese di affitto e viaggi di andata e ritorno.

Nel Lazio su 5mila posti vuoti sono arrivate solo tre domande, in Lombardia su 15mila solo 59. In Campania, su 4.600 sono state assegnate solo 2.600 cattedre. In Sicilia la situazione è andata un po’ meglio: poco meno di 2mila su 3.200. In Sardegna è caos, su 2.800 solo 650. Il record, però, lo raggiungono Piemonte e Veneto, su 9.000 posti ciascuno, solo 1.600 e 1.750 sono coperti.

Insomma questo è l’ennesimo flop che rende la situazione scolastica incerta e precaria.