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Intercettazioni, ecco chi ci guadagna. “Rovinano vite senza ragione”. E siamo tutti a rischio

Pubblicato il 05/02/2024 10:23 - Aggiornato il 05/02/2024 10:53

Sono uno dei temi più caldi e discussi nel panorama della Giustizia. Non a caso è tornato a parlarne, sollevando un mare di polemiche, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Che si è espresso a favore di una limitazione delle intercettazioni telefoniche perché, parole sue, “rovinano vite intere senza razionalità giuridica”. Che tradotto significa: molte persone non avrebbero motivo di essere intercettate ma lo sono per caso, perché parlano con qualcuno che invece lo è. Da quelle conversazioni possono uscire particolari intimi sulle vite degli intercettati, informazioni che non hanno niente a che vedere con la giustizia, ma che se rese pubbliche possono rovinare l’esistenza. Per questo motivo, e per un certo abuso che ne è stato fatto in passato, le intercettazioni sono da sempre al centro di polemiche. C’è chi vorrebbe che fossero usate di meno, e c’è chi le considera uno strumento irrinunciabile. (continua dopo al foto)

Nordio non usa giri di parole. “L’utilizzo delle intercettazioni è eccessivo, sproporzionato, nel numero e nei costi rispetto ai risultati. E la sua spesa sfugge a ogni controllo perché le Procure non hanno un budget. Anche su questo interverremo”. Ma i dirigenti delle principali Procure italiane, investigatori e Associazione Magistrati non sono affatto d’accordo. E non gli basta la garanzia che le limitazioni non saranno applicate a reati di particolare gravità, come terrorismo e mafia. Considerati dalle toghe categorie troppo vaghe. “Emerge dalle indagini che portiamo avanti”, spiega il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, “che intercettando i mafiosi finiamo per sentire anche pubblici amministratori, professionisti e anche politici. Se si esclude la possibilità di utilizzare il Trojan (virus informatico che consente l’ascolto, ndr) per reati come corruzione, concussione e peculato è ovvio che si configura una limitazione rilevante”. “Molte volte”, conclude Gratteri, “partendo da queste condotte si arriva alla mafia e viceversa”. (continua dopo la foto)

Ma i magistrati non si limitano a segnalare l’importanza di questo strumento per le indagini. Dimenticando, forse, di sottolineare almeno come l’utilizzo e la divulgazione delle intercettazioni sia stato, in passato, molto spesso fonte di voyeurismo sociale. Con persone non coinvolte in indagini date in pasto al pubblico per motivi privati. L’altro aspetto che viene evidenziato dalle toghe è quello finanziario. Prima di tutto, sostengono, se le Procure dovessero avere un tetto di spesa, verrebbe limitata l’indipendenza della Magistratura. “Che diventerebbe”, sottolinea Giuseppe Santalucia dell’Associazione Nazionale Magistrati in un’intervista a La Stampa, “dipendente dalla scelte del Governo”. Le toghe contestano anche il discorso relativo alle spese. “Il ministro Nordio sembra legato a un’idea da superare, cioè che la giustizia sia solamente un fattore di spesa”. Sì, perché secondo Santalucia “le inchieste realizzate grazie alla intercettazioni generano un beneficio all’erario in generale, ma anche ai ministeri della Giustizia e dell’Interno”. (continua dopo la foto)

Alcuni numeri: a Napoli, per esempio, la spesa complessiva per le intercettazioni nel 2023 è di 5,89 milioni di Euro. Ma il valore dei beni mobili e immobili sequestrati è di 198 milioni di Euro. A Milano e a Torino, a fronte di una decina di milioni di spesa si contano sequestri per centinaia di milioni. A Palermo la spesa è maggiore (30,5 milioni) ma i sequestri arrivano a 322 milioni. Per non parlare dei sequestri di droga, che non viene immessa nella società con un enorme parametro di limitazione del danno. Anche secondo Giuseppe Cascini, procuratore aggiunto di Roma, non esiste il problema di un eccesso di spesa. “Anche perché oggi si è arrivati a una drastica riduzione da parte delle Procure, con prezzi stabiliti e costi definiti”. Resta il problema del coinvolgimento delle persone non coinvolte in indagini e gettate in pasto ai media. Secondo Cascini, “non si tiene conto degli interventi già presenti nelle riforme Bonadio-Orlando, con le quali è stato creato un archivio riservato, nel quale vengono custodite tutte le intercettazioni. Entrano nel processo solo quelle che il Giudice, sentite le parti, ritiene rilevanti per l’accertamento del reato”. (continua dopo la foto)

Resta il fatto che gli intercettati “per caso” possono sentirsi poco sereni, sapendo che esiste materiale non inerente alle indagini, ma presente negli archivi, al quale qualcuno un giorno o l’altro potrebbe accedere. Non i magistrati, certo, la cui discrezione non viene messa in dubbio. Ma abbiamo una lunga esperienza di “fughe di notizie” che hanno portato in prima pagina sui giornali atti che avrebbero dovuto rimanere riservati. E questo può essere un problema che lede la privacy dei singoli e la sua tutela. Nordio chiede che sia “vietato rendere pubblici brani che consentono di identificare terze persone non coinvolte direttamente nell’inchiesta”. E che i dati di terzi “non potranno essere trascritti nemmeno nei verbali se non sono rilevanti per le indagini”. Per il ministro, la tutela della privacy degli intercettati “per caso” è primaria. Secondo le toghe, le leggi esistenti sarebbero già sufficienti a questo scopo. E la discussione continua.

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