Nel 2020 il settore della ristorazione, secondo i dati di Coldiretti, ha perso 41 miliardi di euro. Fatturati dimezzati e restrizioni volute dal dimissionato Conte ancora pesano sugli introiti di bar e ristoranti. E così adesso il mondo della ristorazione si mobilita, lascia la cucina e su sposta in tribunale: “Stiamo valutando se fare causa allo Stato per chiedere un risarcimento”, è l’avvertimento che parte dalla Puglia e risale per tutta l’Italia. Gianni De Mastro, decano dei ristoratori di Bari che gestisce “L’Osteria del Borgo antico”, è si è fatto portavoce della possibile causa dei ristoratori, un’azione giudiziaria per tutelarsi. (Continua a leggere dopo la foto)
A ItaliaOggi spiega De Mastro: “Siamo riusciti a creare una rete regionale di ristoratori, gestori di bar, take away, pub, discoteche e strutture consolidate sul territori», ha spiegato. «Stiamo verificando la fattibilità di un’eventuale richiesta di risarcimento allo Stato. Si tratta di una serie di rivalse individuali riunite in un’unica cabina di regia. Se ci saranno i fondamenti inoltreremo la causa”. (Continua a leggere dopo la foto)
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La base dell’eventuale citazione in giudizio sarebbe da ricercare in una presunta discriminazione della categoria. “Si tratterebbe della prima azione del genere in Italia. Riteniamo che i Dpcm con i quali il governo ha chiuso o limitato le nostre attività siano discriminatori, perché il tratto unificante di ogni provvedimento governativo era individuare nella ristorazione la causa dei contagi. È una visione capovolta della realtà. La ristorazione incide solo per il 3%”. (Continua a leggere dopo la foto)
“A febbraio mi aspetta il pagamento della Tari, la tassa comunale dei rifiuti”, ha proseguito De Mastro. “Il mio locale, però, è chiuso da novembre: dovrò pagare 900 euro senza aver prodotto un grammo di spazzatura. A queste spese vanno aggiunte quelle degli altri tributi e l’affitto: il mio locale ha un mensile di 2.100 euro. Dallo Stato ho percepito un ristoro di 7.500 euro”, ha detto l’esercente a BariToday. “Tra utenze e tasse non coprono neanche due mesi di inattività”.
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