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“Rischio di infarti e ictus raddoppiato”. Studio italiano “rivoluzionario” sul Journal of Medicine inglese. Cosa hanno scoperto i ricercatori

Pubblicato il 07/03/2024 12:23

E’ stato definito “rivoluzionario” uno studio effettuato dall’Università della Campania Luigi Vanvitelli, pubblicato dal The New England Journal of Medicine. Il lavoro dei ricercatori italiani ha coinvolto 257 soggetti sopra i 65 anni, seguiti per due anni dopo aver subito interventi di rimozione di placche aterosclerotiche “Lo studio italiano”, ha scritto la rivista inglese, “rappresenta una scoperta rivolzionaria, che solleva una serie di domande urgenti. L’esposizione a microplastiche e nanoplastiche può essere considerato un nuovo fattore di rischio cardiovascolare? Quali organi oltre al cuore possono essere a rischio? Come possiamo ridurre l’esposizione?”. Sì, perché in discussione è ciò che i nostri ricercatori hanno trovato nel corpo dei pazienti nel corso della loro indagine. E cioè la presenza di microplastiche negli organi e nei tessuti umani. (continua dopo la foto)

“L’analisi”, ha spiegato il coordinatore dello studio Giuseppe Paolisso, “ha dimostrato la presenza di particelle di PE nel 54,8% dei pazienti e di particelle di PVC nel 12,5%. Abbiamo potuto rilevare, nel corso della ricerca, che in coloro che avevano placche inquinate dalle plastiche il rischio di infarti, ictus o di mortalità per tutte le cause era almeno raddoppiato rispetto a chi non le aveva”. Per chiarire di cosa si sta parlando, il PE è una delle plastiche più utilizzate al mondo, ed è usato per realizzare contenitori, oggetti e rivestimenti. Mentre il PVC, altrettanto diffuso, si trova in tantissimi prodotti, dai rivestimenti delle pellicole ai tubi, fino ai dischi in vinile. Entrambi possono rilasciare microparticelle che, come dimostrato dallo studio dell’Università campana, possono danneggiare gravemente la nostra salute. (continua dopo la foto)

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“Sono soprattutto le nanoplastiche”, ha sottolineato il Professor Antonio Ceriello dell’IRCSS Multimedica di Milano, “a poter penetrare in profondità nei tessuti. Ma numerosi studi ne hanno rilevato la presenza anche in dimensioni maggiori e in quantità rilevabili in molti organi umani”. Le ricerche compiute sinora non hanno individuato quali sono esattamente i rapporti di causa ed effetto fra l’uso di determinati oggetti e la “contaminazione” degli organi umani. Ma quel che è certo, è che micro e nanoplastiche “potrebbero costituire un nuovo, importante fattore di rischio cardiovascolare”. Una prospettiva inquietante, se si tiene conto che la produzione annuale di oggetti contenenti PE e PVC è cresciuta da meno di 2 milioni di tonnellate nel 1950 ai circa 400 milioni di tonnellate dei nostri giorni. E si prevede che raddoppierà entro il 2040 e triplicherà entro il 2060.

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