Italia e Regno Unito, dopo la Francia, sono finite nel mirino di Donald Trump. Il nostro peccato? Aver introdotto quella “web tax” che andrà a colpire proprio i colossi a stelle e strisce del web, a partire da Google e fino ad arrivare al re dei social, Facebook. E così, seguendo una prassi ormai consolidata, ecco che il segretario del Tesoro Usa Steven Mnuchin è subito andato all’attacco attraverso le pagine del Wall Street Journal, minacciando ancora una volta il ricorso ai dazi come possibile ritorsione.
Un attacco che arriva in un momento non casuale, quello che vede il mondo impegnato a osservare i risultati del forum economico di Davos con le prossime riunioni Ocse all’orizzonte. E che rientra in una sfida già delineata, quella tra Europa e Stati Uniti sulla tassazione digitale. Una sfida che ha visto la Francia fare un passo indietro, accettando di rinviare l’applicazione dell’imposta dopo aver subito a sua volta le minacce della Casa Bianca. Niente prelievi nel corso dell’anno 2020, così da non incappare nei dazi sui vini.
La notizia è stata accolta con soddisfazione, ovviamente, dallo stesso Mnuchin, che ha parlato di “inizio della soluzione” sottolineando l’intesa tra il presidente americano Trump e il suo corrispettivo Macron. Un confronto che potrebbe ora fare da apripista per i futuri confronti, compreso quello che il nostro Paese è chiamato ad affrontare. Gualtieri per ora non ha voluto commentare le minacce americane, tornando a Roma senza rilasciare dichiarazioni in merito.
La web tax nel nostro Paese sarà in vigore dal primo gennaio, ma non andrà versata prima del 2021. Di possibili ripensamenti, al momento, non si parla. Piuttosto, si punta a un dialogo costruttivo con gli Stati Uniti in attesa di una soluzione in sede Ocse che salverebbe un po’ la faccia a tutti. Nel frattempo, gli Stati Ue si muovono da soli, con la spada di Damocle dei dazi costantemente sulla testa.
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