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Rebate, ecco cosa ha ottenuto l’Olanda e come finiremo per pagare (anche questo) noi

Pubblicato il 21/07/2020 10:49 - Aggiornato il 21/07/2020 11:09

“Assenti dai trattati”, decisamente poco conosciuti, ma di un’importantanza notevole. Nati nel 1984 – a favore della Gran Bretagna sotto la spinta dell’allora premier Margaret Thatcher- , con l’intento di eliminare il dislivello tra gli Stati membri, in seguito alla Brexit dovevano ridursi o del tutto scomparire, adesso Germania, Svezia e Paesi Bassi ne chiedono addirittura l’aumento. E utilizzano ‘l’ok al Recovery Fund’ come mezzo di ricatto per ‘poter pretendere’ maggiori concessioni dagli Stati che vorrebbero accedere agli aiuti. 

Parliamo dei rebate. Tra i meccanismi assurdi (volutamente?) innescati nei circuiti europei che favoriscono squilibri tra i Paesi, vi rientra sicuramente quello dei rebate.

I rebate sono lo ‘sconto sulla quota’ di contributo al bilancio europeo di cui alcuni Paesi all’interno dell’Unione beneficiano e che dunque assumono il “ruolo di moneta di scambio tra il gruppo dei “frugali” (Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Austria) e quegli Stati, tra i quali l’Italia, interessati a garantirsi l’accesso agli aiuti”. 

Assunto di base importante da tenere in considerazione per capire quanto sia pazzo questo meccanismo, è che ogni membro dell’Unione è tenuto a contribuire al bilancio in proporzione al proprio prodotto lordo.

Durante il corso del Consiglio europeo di Fontainebleauu del 1984, fu stabilito che “ogni Stato che sostiene un peso eccessivo in termini di contributo al bilancio rispetto alla sua prosperità, potrà beneficiare di una correzione”. Lo ‘sconto’ che aveva ottenuto la Gran Bretagna aveva generato un buco nel bilancio europeo che avrebbe dovuto essere ripianato. Gli altri Paesi vennero così chiamati a farsi carico dell’ammanco di cassa.

Da allora ogni euro risparmiato dagli Stati che ne beneficiano è un euro buttato per tutti gli altri. Dunque dal lato favorevole della bilancia troviamo Regno Unito (5,1 miliardi), Paesi Bassi (919 milioni), Germania (747 milioni) e Svezia (321 milioni); dall’altro lato a pagarne pesantemente sono Francia con 2,1 miliardi, Italia con 1,54 miliardi, Spagna con 1 miliardo, Polonia e Belgio con 390 milioni. 

Una relazione pubblicata nel 2018 sulle risorse dell’Ue, ha messo in luce che le aliquote ridotte sull’Iva finiscono per avvantaggiare gli Stati ricchi e danneggiare quelli più poveri. E pensare che questo meccanismo degli sconti mirava a ridurre il dislivello tra percettori, cioè coloro che percepiscono più di quanto versano, e contributori netti. Il sistema dei rebate per l’Italia si è tradotto però in un allargamento della forbice. A esprimere un giudizio sullo squilibrio generato è Darvas il quale afferma: “Se mi chiedessero quale Paese sopporti un onere di bilancio eccessivo in relazione alla sua prosperità, direi Grecia e Italia, di certo non i sei che beneficiano degli sconti favorevoli”. 

Nulla di poi così sorprendente considerando che l’Europa è da sempre tutto il contrario di quello che si professa.