Il termine “islamofobo” viene usato, al pari di altre etichette totalizzanti, a sproposito: per tacere chiunque sollevi una qualsivoglia istanza critica nei confronti della fede musulmana e di chi la pratica. Eppure, non possiamo immolare sull’altare del politicamente corretto secoli della nostra civiltà e della nostra cultura, per abbracciare tradizioni che risalgono a 1400 anni fa, e che da allora non si sono evolute. La separazione fra Chiesa e Stato, fra precetti religiosi e leggi laiche, la parità fra donne e uomini, la famiglia monogamica che prevede parità di diritti, la libertà di pensiero: abbiamo appena enumerato taluni valori imprescindibili delle società democratiche e della nostra civiltà. Ebbene, sono valori assolutamente sconosciuti nei Paesi islamici, giacché l’Islam stesso, più che una religione, oltre che una religione, è un immenso corpo giuridico che applica i precetti coranici – risalenti a 1400 anni fa, lo ribadiamo, e con forza – che regolano ogni aspetto della vita, anche privata o intima. Evidentemente c’è bisogno di ribadirlo: la nostra morale, la nostra cultura, sono ben diverse rispetto alle concezioni di chi si professa musulmano. (Continua a leggere dopo la foto)
Una immagine eloquente
Peraltro, la distinzione tra l’Islam più radicale e il famoso Islam moderato, ammesso esista, appare a noi sempre più labile. Detto questo, dove vogliamo arrivare, si chiederà il lettore. Il punto di partenza delle nostre riflessioni è il ramadan, il mese del digiuno, ora che finalmente è finito. C’è una foto – la vedete qui sopra – che riassume plasticamente in immagine tutto ciò che abbiamo scritto sinora. L’immagine scattata a Roma, nel quartiere Centocelle, in occasione della “festa” per la fine di questo mese di digiuno (tanto si può mangiare al calar del sole) mostra le donne relegate dentro una specie di “rete da pollaio“, come la definisce il Giornale, con un telo oscurante che impedisce che possano guardare gli uomini mentre pregano. Le donne, in tutta evidenza, sono considerate esseri inferiori e non possono avere alcun accesso né diretto né indiretto alla fede. Certo, non è una novità, la condizione della donna nel credo maomettano è quella della sottomissione, affatto dissimile a come era ai tempi di Maometto. Ultimamente, è in voga il dibattito sul cosiddetto patriarcato. Ma non è, o meglio non dovrebbe essere, il solo “maschio, bianco ed etero” – una categoria oramai stigmatizzata – a essere messo all’indice e, anche se vi è chi volta lo sguardo altrove, nella ampie comunità islamiche che risiedono in Italia e in Europa si ravvisano, nitidi e inequivocabili, i germi e il retaggio di una cultura che le donne le opprime, le soffoca, le costringe a una vita di chiusura perfettamente racchiusa nell’obbligo di portare il velo anche già da bambine, o a subire l’imposizione di matrimoni combinati. E poi, viene da pensare all’adulterio delle donne, un “reato” gravissimo che in più di un Paese islamico è punito con la morte, o quantomeno con la lapidazione. (Continua a leggere dopo la foto)
#EidAlFitrMubarak alle sorelle e fratelli musulmani. Ho depositato una proposta di legge per rendere il fine #Ramadan festivo. l’Italia è cambiata. L’Islam è la seconda religione più diffusa nel nostro paese. La legge deve assumere questa realtà nel rispetto della Costituzione. pic.twitter.com/IrlOmCve6X
— Aboubakar Soumahoro (@aboubakar_soum) April 10, 2024
La bizzarra proposta di Soumahoro
Ma, se ci è consentito, troviamo ancora più grave – e surreale, dato che viene da un personaggio assai controverso, in cerca di un consenso perduto – la proposta dell’ineffabile onorevole con gli stivali, Aboubakar Soumahoro: “La fine del Ramadan sia una festività nazionale italiana“. Lo ha detto davvero. “Vorrei augurare dal profondo del cuore Eid Al Fitr Mubarak (Buona festa) a tutte le sorelle e a tutti i fratelli musulmani in Italia e nel mondo”, ha scritto in un post pubblicato sui suoi profili social. Ma, essendo un deputato al Parlamento italiano, dovrebbe sapere che l’Italia è uno Stato laico, talmente laico che una recente sentenza della Cassazione vieta ogni imposizione di simboli religiosi, compreso il crocifisso. Ma il deputato di Sinistra Italiana, ci fa sapere che: “Ho presentato una proposta di legge per rendere festivo il giorno dopo la fine del Ramadan, la festa di Eid Al Fit“. E ancora: “Il nostro Paese è la terza nazione nell’Unione Europea, dopo Germania e Francia, per presenza di persone della comunità di fede musulmana. Viva l’Italia Plurale!” C’è un passaggio, in particolare, su cui intendiamo soffermarci: “Credo che questo sia un modo concreto per adattare le leggi del nostro Paese con la realtà attuale“. Noi pensavamo che dovessero adattarsi i componenti di una minoranza, non il contrario. E, infine, ci domandiamo se dobbiamo adattare le nostre leggi alla Sharìa, dunque se dobbiamo lapidare le adultere anche noi, e via dicendo.
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