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“Perché dobbiamo pagare per poter pagare le bollette?” In cassazione la battaglia tra la cittadina e Tim

Pubblicato il 14/07/2020 12:16

Tutte le imprese italiane per inviare la fattura delle prestazioni rese, si fanno carico di una certa spesa. Tutte le imprese tranne le compagnie telefoniche le quali addebitano al cliente i costi delle spese di incasso, incluso l’invio della bolletta.

L’argomento è diventato motivo di una serie di cause avviata nel primo decennio del duemila da circa 5mila abitanti del piccolo comune di Biella – divisi tra il centro e le frazioni di Sant’Antonio Casalini, San Cataldo, Bella-Muro – contro l’allora Telecom Italia e ad oggi prosegue arrivando in cassazione.

La questione è semplice: “perchè bisogna pagare per poter pagare?” La cifra di cui parliamo si aggira attorno ai 15/18 euro, e la tesi di principio difesa dai cittadini aveva convinto il primo giudice, ma non aveva destato stessa reazione da parte del tribunale a seguito del ricorso della Compagnia.

La vicenda non è finita lì, tiene ancora impegnata la giustizia italiana giungendo fino in cassazione (già con tre sentenze). Adesso è la Tim, che ha rilevato i rapporti di Telecom e che per tre volte è uscita sconfitta, a doverne fare i conti.

A causa di problemi ‘tecnici’ nel presentare ricorso, la compagnia telefonica è stata condannata a pagare un totale di 42 euro di risarcimenti e qualche migliaio di euro per le spese legali oltre che per i propri avvocati. Insomma, sia cittadini che la Compagnia tengono fermo il loro principio. Sicuramente accettare di restituire i soldi sarebe costato molto meno, ma avrebbe rappresentato per l’azienda telefonica un precedente pericoloso verso milioni di utenti.

Non sorprende il fatto che le grandi imprese siano quelle agevolate a discapito degli utenti che devono pagare più di quanto dovrebbero. Quando si riuscirà a garantire la tutela dei cittadini contro gli utili delle multinazionali?