Non bastavano le ossessioni ambientaliste, le città a 30 all’ora, la narrazione woke e il politicamente corretto. Ora la sinistra se la prende anche con la pasta. E molti, in rete, chiedono di boicottare uno dei marchi italiani più conosciuti. Un’eccellenza riconosciuta della produzione del nostro Sud, che avrebbe bisogno di essere sostenuto nelle sue iniziative. Stiamo parlando della pasta Rummo, conosciuta e apprezzata in tutta la Penisola. Qual è la colpa dell’azienda beneventina? Semplicemente, di avere ospitato Matteo Salvini nei suoi stabilimenti. Il leader della Lega ha pubblicato un breve video in cui magnifica la produzione quotidiana di Rummo. “Alla faccia di quelli che vogliono la farina di insetti”, ha commentato, “insomma a quelli che a Bruxelles combattono la dieta mediterranea. Qui fanno 800mila confezioni di pasta al giorno, una cosa straordinaria. Viva l’Italia e la nostra qualità”. (continua dopo il video)
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Ora, Salvini può stare antipatico. Si può dissentire dalla sua linea politica. Ma che cosa ci sia di sbagliato in questo suo messaggio è difficile capirlo. Oltretutto il leader leghista si è espresso a favore dell’eccellenza italiana e ha preso a esempio un’azienda del Meridione. Ma il popolo radical chic non poteva trattenersi. E con una campagna improvvisata sui social, ha cominciato a chiedere di boicottare i prodotti Rummo. Azienda colpevole di avere ospitato un politico di centrodestra. E subito la Rummo è diventata “La pasta fascista!”. Se questa follia ideologica non avesse possibili conseguenze sulle vendite di un prodotto di eccellenza e su chi lo mette in commercio, ci sarebbe da farsi una risata. Ma le campagne social, come dovremmo avere imparato dopo tante notizie di cronaca, possono avere effetti deleteri. E danneggiare anche i dipendenti dello stabilimento sannita. (continua dopo la foto)
![](https://www.ilparagone.it/wp-content/uploads/2024/01/pasta-1200x684.jpeg)
Il patron dell’azienda, Cosimo Rummo, è intervenuto per esprimere stupore e disappunto. Dichiarandosi “letteralmente senza parole” di fronte al livello di animosità e rancore di chi lo attacca. E ha ricordato che la sua attività si è sempre distinta per essere “aperta e inclusiva”. Ora, a noi sembra pazzesco che un imprenditore debba dire cose simili. Quello che interessa dei suoi prodotti è che siano buoni, sani e realizzati con materie prime di qualità. Nessuno gli chiede di essere “inclusivo”, ma solo di rispettare le leggi e di trattare bene i suoi dipendenti, al limite. Invece siamo di fronte a un nuovo caso di boicottaggio partito dai social media, per motivi assurdi. Una faccenda che mostra un livello preoccupante di polarizzazione politica e di aggressività. Nel linguaggio e nel merito. Evidentemente per qualcuno, ora, dovremmo approcciare un piatto di spaghetti chiedendoci se sia fascista o progressista. Una follia.