Non smette di far discutere il caso di Camilla Canepa, la sfortunata ragazza 18enne deceduta dopo essere stata vaccinata contro il Covid a causa di un effetto collaterale del siero AstraZeneca. Il giudice, pochi giorni fa, ha deciso di mandare a processo 5 medici del Pronto Soccorso di Lavagna. Ma la cosa non è andata giù ad altri due medici, che hanno rilasciato dichiarazioni destinate a far discutere. La prima, Anna Rubertelli, è un’ematologa e immunologa già direttrice della struttura complessa di Biologia Cellulare presso L’Ist di San Martino. Il secondo, Enrico Haupt, è stato primario all’Ospedale di Lavagna per decenni. Entrambi hanno sottolineato come, nell’inchiesta per la morte di Camilla, ci sia un nodo cruciale da sciogliere: cioè le responsabilità di Regione e CTS nell’organizzazione degli Hub vaccinali. (continua dopo la foto)
A maggio 2021 era già noto che quel vaccino poteva scatenare eventi tromboembolici soprattutto nelle giovani donne. E il 30 Maggio 2021 venne pubblicata una lettera sull’Huffington Post in cui un gruppo di medici vaccinatori volontari si diceva contrario alla somministrazione del vaccino a soggetti sotto i quarant’anni. “Ci sembra che la scelta del governo e delle agenzie regolatorie di sconsigliare AstraZeneca sotto i sessant’anni, e poi di lasciarlo somministrare ai 18enni, sia sconcertante”, era scritto nella lettera aperta. E a sconcertare ulteriormente c’era il fatto che i medici vaccinatori non avessero “ricevuto indicazioni di spiegare correttamente ai giovani vaccinandi il possibile rischio”. Dunque, ci si chiede quali siano le responsabilità del CTS e della Regione Liguria. A questo proposito, la Rubartelli e altri, come riportato dall’edizione genovese di Repubblica, avrebbero cercato più volte di bloccare l’utilizzo di AstraZeneca sui giovani. Sia parlando con un componente del CTS, sia scrivendo all’allora direttore di Aifa Nicola Magrini. (continua dopo la foto)
Anna Rubartelli ed Enrico Haupt hanno lavorato, durante la pandemia, come vaccinatori volontari. Quindi non possono certo essere accusati di essere dei no vax. Eppure oggi puntano il dito contro quelli che, secondo loro, sarebbero i principali responsabili del decesso di Camilla Canepa. “Dispiace molto che finiscano sotto accusa solo le persone che si sono trovate a trattare Camilla Canepa quando ormai era stata fatta la vaccinazione”, commentano ora i due medici. “E non chi, fra Stato e Regione, secondo noi ha responsabilità maggiori”. E ancora: “Ci chiediamo perché il nostro protocollo Vitt sia rimasto nel cassetto in Alisa per così tanto tempo. Se fosse stato trattato con l’urgenza che meritava, a Lavagna sarebbe arrivato sicuramente prima. E forse Camilla si sarebbe potuta salvare”.