Il governo Meloni è in carica da pochi mesi, e non si può certo imputare alla premier la situazione generale in cui versa il Paese. Ma di sicuro le continue frenate su temi fondamentali dell’agenda politica cominciano a destare preoccupazione. Nel dopo elezioni, a fronte delle dichiarazioni molto morbide della leader di FdI sui rapporti con l’Ue, ci eravamo chiesti come si potesse pensare di cambiare marcia senza affrontare innanzitutto il problema dei vincoli europei, che da decenni frenano e penalizzano l’Italia. Ciò che accade in questi giorni conferma i nostri dubbi. Basti pensare alla polemica sul prezzo sempre più insostenibile dei carburanti e sulla mancata cancellazione delle accise, che pure era uno degli argomenti cavalcati da Fratelli d’Italia quando era schierata all’opposizione del governo Draghi.
Meloni ha spiegato che la sua linea non è cambiata, ma che in questo momento mancano le risorse per un intervento, visto che bisogna affrontare anche il caro bollette. Possiamo capirla, ma era nota anche prima la difficoltà di reperire le risorse necessarie ad aiutare i cittadini in difficoltà. Forse sarebbe stato il caso di prevedere per tempo una possibile soluzione al problema. Scaricare le responsabilità sulla categoria dei benzinai non appare invece molto lungimirante. E nemmeno giusto, se è vero che su 50 euro di spesa per la benzina 35 vanno allo Stato. E infatti gli stessi ministri che se la prendevano con gli “speculatori”, con il solito Giorgetti in prima linea, ora spiegano che non c’è alcuna speculazione, visto che il prezzo finale è inferiore all’aumento delle accise. Non un grande successo di immagine per il governo. Ma non è questo l’unico punto in discussione. (continua dopo la foto)
L’annunciata decisione di ratificare il Mes chiedendone una successiva modifica sembra infatti ancor meno comprensibile. Due anni fa Giulio Tremonti attaccava l’allora premier Conte con parole durissime, affermando che con il Mes sarebbe caduta “ancora più in basso la credibilità dell’Italia con un premier che, artefice e vittima di se stesso… vota su di un Trattato ma dice che ne vuole un altro”. L’ex ministro dell’economia descriveva il Meccanismo europeo di Stabilità come un “mostro di Frankenstein”. Un imbroglio che sarebbe servito per commissariare l’Italia. Oggi lo stesso Tremonti, eletto alla Camera con FdI e neo presidente della commissione Affari europei, sembra dimenticare le sue stesse, accorate denunce. E arriva a dire al Sole 24 Ore che “Giorgia Meloni ha detto in sostanza che non vede alternative al voto italiano sul Mes, però intende ridiscuterne la funzione. Sono totalmente d’accordo con lei”. (continua dopo la foto)
Ma questa, a ben vedere, è la stessa posizione assunta a suo tempo da Conte e così duramente criticata. E i timori sul commissariamento dell’Italia e sull’ulteriore perdita di sovranità del nostro Paese, con buona pace di Tremonti, anziché diminuire aumentano. Oltretutto in questo modo il governo rinuncia a uno dei pochi strumenti di pressione che poteva esercitare sull’Unione europea, visto che l’Italia è l’unico Paese a non aver ancora ratificato il trattato. Se non si mettono in discussione i vincoli europei, se non si cambia politica rispetto ai governi precedenti, alla fine i proclami pre elettorali rischiano di rimanere lettera morta. E l’Italia rimarrà incastrata negli stessi meccanismi recessivi degli ultimi decenni. Meloni, ci vuole più coraggio, o la luna di miele con l’elettorato rischia di finire prima del previsto.