Ha subito fatto il giro dei social e degli altri quotidiani la lettera che una magistrata, Ludovica Dotti, ha inviato a Repubblica per raccontare la sua esperienza di “sequestro” da parte della Asl. Per far capire cosa passano centinaia di italiani e come si sta gestendo questa seconda ondata di Covid. “Sono un magistrato, in servizio presso la Corte costituzionale, e vi scrivo per condividere la mia personale esperienza, in occasione dei tamponi per il Covid 19 fatti presso la Asl Roma 3. Su richiesta del medico di base, il 30 ottobre, insieme a mia figlia, mi sono sottoposta a tampone molecolare presso il drive-in di Fiumicino, gestito dalla Asl Roma 3”, racconta.
Continua Dotti: “Abbiamo atteso in fila per otto ore. In quella occasione, ci siamo impegnate per iscritto a rimanere in isolamento stretto, anche dai familiari con cui conviviamo, fino all’esito del tampone. Sono trascorse più di due settimane da allora e non è stato ancora rilasciato alcun referto, né per me, né per mia figlia. Ho ripetutamente sollecitato i referti tramite il servizio di sorveglianza domiciliare della ASL RM3. Mi hanno confermato che non sono disponibili. Dal 7 novembre non rispondono più”.
Racconta ancora la magistrata Dotti: “Ho segnalato la situazione al servizio ritiro referti, all’URP della ASL, alla Regione Lazio. Ho ricevuto un numero di protocollo della mia segnalazione. Nessuno ha avuto la cortesia di dirmi se i nostri tamponi sono andati perduti, oppure se siano ancora in attesa di essere lavorati. Questo ritardo nell’accertamento dei contagi è gravissimo”.
Conclude la magistrata: “Oltre a danneggiare me e mia figlia, bloccate a casa da settimane non dalla malattia, ma dall’inefficienza della ASL, impedisce il monitoraggio dei contagi, non consente di attivare il necessario tracciamento dei contatti e fornisce all’amministrazione dati non aggiornati, sui quali saranno poi basate le decisioni che incidono sulla vita di tutti. Con i migliori saluti, Ludovica Dotti”.
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