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Il lockdown? Altro che virologi, ecco come 50 studi internazionali stroncano la misura

Pubblicato il 27/04/2021 08:48

Lockdown è un parola che abbiamo imparato a conoscere dal marzo 2020. Se in quel momento appariva l’unica soluzione possibile, già dai primi mesi della su attuazione più di un dubbio ha iniziato a sollevarsi. E a un anno di distanza pare che solo certi esperti italiani, con l’appoggio dell’incollatissimo Speranza, continuino a credere (per forza, per loro è tutto di guadagnato) a queste misure. Fabio Dragoni, però, ha pubblicato su La Verità una raccolta di alcuni dei più importanti studi internazionali sul lockdown, e i giudizi sono univoci: “Hanno un costo spropositato rispetto ai benefici. Spesso sono difficilmente valutabili. Quasi sempre inutili e talvolta addirittura controproducenti”. (Continua a leggere dopo la foto)

Per lockdown intendiamo quelle chiusure di attività ritenute “non essenziali” finalizzate a combattere la diffusione del Covid. Il prezzo chi lo paga? Il ristoratore o il barista che deve abbassare la saracinesca e chi dentro vi lavora. “Abbiamo raccolto più di cinquanta pubblicazioni scientifiche – scrive Dragoni – che hanno coinvolto più di duecento scienziati delle più prestigiose università, istituzioni e centri di ricerca in tutto il mondo. Da Stanford a Pittsburgh. Da Sidney a Tokyo. Dal Fmi a Jp Morgan”. Le conclusioni? “Non escludiamo piccoli benefici, ma non ne vediamo di significativi in termini di contenimento della crescita dei casi. Simili risultati si possono ottenere con interventi meno severi”, scrive ad esempio Ioannidis, epidemiologo di fama mondiale. (Continua a leggere dopo la foto)

E la misura della qualità e della quantità del suo lavoro? “Tre volte quello di Crisanti. Quattro volte Galli. Cinque volte Burioni e Ricciardi. Cartabellotta non pervenuto”. Però in Italia si è scelto di puntare sulle teorie e sui “consigli” di questi perfetti sconosciuti alla comunità scientifica mondiale, con la rilevanza delle loro pubblicazioni internazionali prossima allo zero. “Iniziative quali la chiusura delle frontiere, lockdown nazionali, test di massa non si associano a riduzioni statisticamente significative sul numero dei casi e sulla mortalità”, fa eco uno studio di cinque studiosi delle università di Toronto, Houston e Ioannina. (Continua a leggere dopo la foto)

Dall’Università di Greenwich, inoltre, fanno sapere che “i lockdown si basano su modelli teorici non empirici. I problemi che creano sono superiori alle vite che salvano” (bit.ly/3nmvpNq). Mentre da Burnaby, in Canada, si sottolinea come le analisi costi benefici su cui si appoggiavano i lockdown vengono “successivamente confutate dai dati”. Quasi la metà degli studi presi in esame da La Verità dimostrano la sostanziale inutilità delle chiusure ai fini del contenimento del virus. Infine, non mancano addirittura gli studi che segnalano la pericolosità più che l’inutilità di queste misure. I nostri esperti, e il nostro ministro che dovrebbe dimettersi, li avranno letti? Pare proprio di no.

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