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L’Italia resterà al freddo. Alla fine deve ammetterlo anche il governo

Pubblicato il 27/05/2022 09:40

Quando per la prima volta ha iniziato a fare capolino sulle pagine dei giornali l’ipotesi di adottare sanzioni nei confronti della Russia di Putin, dalle parti del governo Draghi ci si era affrettati a difendere le scelte di Bruxelles sostenendo che no, l’Italia non avrebbe risentito minimamente di eventuali embarghi contro Mosca. A inizio aprile, per esempio, il leader del Pd Enrico Letta era stato tra i primi a chiedere all’Europa via Twitter “a fuil oil and gas Russia embargo”, lo stop totale alle importazioni di gas e petrolio. Pochi giorni dopo Mario Draghi aveva invece pronunciato la fatidica frase: “Volete la pace o i condizionatori accesi?”. Terminato il teatrino, oggi le posizioni all’interno dello stesso esecutivo sono cambiate e parecchio.

In un’intervista rilasciata in queste ore a La Stampa, il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha adottato infatti toni ben diversi da quelli, spavaldi, di qualche mese fa. Parlando di una situazione “estremamente complessa” e spiegando come “il punto di vista di chi dice che una sanzione non dovrebbe danneggiare chi la fa più di chi la subisce è comprensibile”. Un’impostazione che, evidentemente, anche l’Italia oggi condivide: non possiamo farci male da soli pur di continuare a imporre sanzioni a Putin.

Anche perché lo stesso Cingolani, nel corso dell’intervista, ha chiarito come il piano per renderci indipendenti dalla Russia sia tutt’altro che solido. La possibilità di fare a meno di 29 miliardi di tonnellate di gas russo entro il 2024 è infatti legata a “due importanti variabili: anzitutto bisogna completare gli stoccaggi e oggi siamo soltanto al 20% dell’opera. E poi bisogna installare due rigassificatori galleggianti. Su questo fronte stiamo facendo le valutazioni tecniche, Ravenna ha dato disponibilità e stiamo esplorando anche l’ipotesi Piombino”.

Sempre secondo il ministro, infine, il piano dell’Enel per installare 60 gigawatt in tre anni (l’equivalente di 15-20 miliardi di metri cubi di gas) sarebbe irrealistico: “Facciamo finta che si mettano 60 gigawatt. Non c’è una rete adatta a gestire queste potenze, che non sono distribuite sul territorio. Se si fa il calcolo al costo degli accumuli odierni, servirebbero 10-15 miliardi di euro. Quanto alle centinaia di progetti che, se approvati, risolverebbero tutto producendo 100 gigawatt, è un’altra narrazione distorsiva. Perché quei progetti esistono sulle stesse aree, quindi se ne scegli 10 devi buttare tutti gli altri”.

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