Ogni Paese si pone delle priorità, sicuramente la scuola non rientra tra le nostre. Il ministero dell’Istruzione con la presentazione delle proposte di linee guida a Regioni e sindacati ha saputo mettere in piedi una sconcertante Torre di Babele.
Il quotidiano “La Repubblica” attacca il ministro Azzolina attraverso un articolo scritto dalla giornalista Chiara Saraceno. Dalle proposte formulate emergono due cose chiaramente, entrambe preoccupanti. “La prima è che in nome della autonomia scolastica, vengono delegate totalmente alle singole scuole” le scelte di come garantire il ritorno alla didattica in presenza. Una proposta comoda, dietro la quale si nasconde una certa strategia “quando dal centro non ci si vuole assumere responsabilità”.
Quindi, la decisione di adottare “turni, divisione delle classi in più gruppi, riaggregazione di gruppi di alunni di classi diverse e anche di anni diversi, didattica mista, un po’ in presenza e un po’ a distanza, aggregazione di diverse discipline in ambiti più grandi, possibilità di usare anche i sabati peri turni” dipenderà dalle singole scuole. Il tutto senza che siano indicate né condizioni minime, né risorse aggiuntive. Disastroso il fatto che non venga minimamente considerata la necessità delle “famiglie di organizzarsi per tempo sapendo con ragionevole anticipo come sarà organizzata la giornata e la settimana dei loro figli”.
La seconda cosa che emerge da queste ‘linee guida’ è che “la ministra apparentemente non si rende conto che sia i turni, sia la didattica mista richiedono di aumentare i docenti”. La Saraceno giustamente fa notare “non si può chiedere agli insegnanti semplicemente di sdoppiarsi”. Ma il governo sembra intervenire agendo in maniera contraria a quanto dovrebbe. “Nelle linee guida è scritto chiaramente che il miliardo a disposizione per il personale dovrà essere dedicato preferibilmente all’assunzione di bidelli e assistenti”, come se “il problema della scuola in epoca di Covid 19” fosse una “questione prevalentemente di spazi e sorveglianza”.
Le nuove proposte creano tantissima confusione e denotano volontà di scaricare responsabilità e superficialità nel trattare le diverse problematiche. Per riportare un altro esempio, nelle proposte avanzate dal Ministero “non si fa menzione dei nidi né dei servizi educativi per la primissima infanzia”. Tale settore è stato ignorato sistematicamente fin dall’inizio, “delegandolo alla ministra della Famiglia e dimenticando che dal 2017 i servizi per la primissima infanzia fanno parte a pieno titolo dei servizi educativi”.