Censura, propaganda, infiltrazione e condizionamenti: si noterà che vi è ben poco di “culturale” nei metodi adottati dagli Istituti Confucio, i quali teoricamente dovrebbero promuovere lo studio della millenaria cultura cinese e si tramutano, piuttosto, in strumenti di spionaggio e controspionaggio. Una vera invasione e, attenzione, non siamo noi a dirlo, ma un diplomatico assai navigato quale è Giulio Terzi di Sant’Agata, già ministro degli esteri nei governi di Mario Monti. “È nettamente più grave di una invasione militare – ha detto Terzi di Sant’Agata sollecitato da il Giornale – perché è un attacco alle coscienze: quella degli Istituti Confucio è una falsa immagine, data da un paese retto dalla dogmatica affermazione del pensiero unico, del verbo unico e della politica unica del Partito-Stato cinese”. D’altronde c’è un motivo, e lo approfondiremo, se le collaborazioni con questi istituti sono cessate in più di un Paese europeo. (Continua a leggere dopo la foto)
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All’estero chiudono gli Istituti Confucio
Dal 2022 è stata conclusa la collaborazione con l’Università di Helsinki per via di episodi al limite della censura e della propaganda; in Belgio nel 2019 fu vietato l’ingresso nell’Area Schengen per otto anni al professore cinese Song Xinning, con l’accusa di spionaggio, e parliamo dell’ex direttore dell’Istituto Confucio all’Università di Bruxelles; una direttiva è stata emessa dal ministero dell’Interno tedesco per chiuderli definitivamente. Due anni fa il Senato francese ha redatto un rapporto che denunciava la disinformazione e la misinformazione come pratica comune in questi istituti. Insomma, non sono da considerare omologhi, ad esempio, della nostra Società Dante Alighieri o i British Council o, ancora, i Goethe Institute, bensì come strumenti di condizionamento geopolitico. Detto questo, in Italia proliferano lo stesso gli Istituti Confucio e il nostro Paese è tra i principali obiettivi di questa penetrazione strategica, avendo siglato nel 2019 l’accordo sulla Via della Seta sotto il governo Conte. A fronte della diplomazia culturale, come viene presentata, ci troviamo piuttosto immersi nella propaganda “delle meravigliose conquiste fatte dal comunismo cinese nei programmi scolastici. Un bagaglio che viene esportato all’estero tramite gli Istituti Confucio”, sostiene Terzi di Sant’Agata. Durante la presidenza Trump, l’allora segretario di Stato americano, Mike Pompeo, aveva chiuso cinque programmi di scambio culturale “interamente finanziati e gestiti” dal governo cinese, che li utilizza come “strumenti di propaganda di soft power”. (Continua a leggere dopo la foto)
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La presenza in Italia
Il più longevo tra gli Istituto Confucio in Italia è quello dell’Università La Sapienza di Roma, ma a Milano ce ne sono due. Recentemente, poi, la richiesta di recarsi in visita a Catanzaro da parte di una delegazione del Politecnico di Qingdao, per poter visionare le strutture dell’Università Magna Graecia. C’è di più, e di peggio: le Aule Confucio sono arrivate anche nelle scuole medie e superiori. Inutile dire che le recriminazioni di Hong Kong e di Taiwan non sono neppure menzionate negli Istituti Confucio e nelle Aule Confucio: l’ultima annessione è in una scuola media di Bari, dove il cinese è diventato lingua curricolare. Ai ragazzi è stata mostrata una cartina della Cina in cui Taiwan è annessa al territorio della Repubblica Popolare.
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