Era evidente che la storia non sarebbe finita con il tocco di ‘bacchetta magica’ sfoderata dalla Bellanova. L’ANSA riferisce l’ennesimo episodio di caporalato.
In un’azienda agricola di Amantea, nel Cosentino, dei lavoratori provenienti dal Bangladesh erano “sottoposti a turni anche di 26 ore con una paga di 1,50 euro all’ora, costretti a mangiare a terra, a differenza degli italiani ai quali era consentito utilizzare un tavolo, e sottoposti condizioni disumane oltre che a minacce e insulti.”
L’indagine è nata proprio per la denuncia di uno dei lavoratori, sfiancato dalle condizioni disumane alle quali era costretto.
Il commissariato di Polizia di Paola ha messo fine allo sfruttamento dei lavoratori stranieri “obbligati a vivere in dieci in appartamenti di 70 metri quadrati, con bagni rotti e inefficienti”. Sono stati arrestati 5 imprenditori e due stranieri che, svolgendo un ruolo di intermediazione, rivestivano una posizione di privilegio all’interno dell’azienda.
Ma non dovevamo risolvere questi problemi con la sanatoria tanto voluta e decantata come la grande soluzione a tutti i mali?
Come avevamo già considerato all’interno del nostro articolo pubblicato il 5 giugno, “quello che doveva essere per i giallorossi un colpo schiacciante al caporalato e al lavoro in nero, è l’ennesimo flop”.
Del resto, la sanatoria voluta a tutti i costi dalla Ministra Teresa Bellanova -che offriva a partire dal 1 giugno la possibilità, per datori di lavoro e lavoratori di presentare domanda e iniziare anche dal giorno dopo a lavorare- fin da subito aveva destato grossi interrogativi sulla sua reale utilità, perfino da parte delle associazioni di categoria. Ma il governo è sordo e capace solo di fare promesse deludenti.