Di Daniela Caldarella – “Ho visto un posto che mi piace si chiama Mondo” cantava un noto cantante…
Già, perché se una volta di Mondo ce n’era solo uno, grazie allo sviluppo tecnologico, forse, oggi di mondi ce ne sono fin troppi: Facebook, Instangram, Tik Tok, videogiochi e ora anche il famigerato Metaverso, mondo virtuale dentro il quale ognuno può decidere chi essere e cosa fare.
Cosa ci si aspetta di così tanto “affascinante” a stare in un posto dove non si può sentire e né percepire
nulla? In un mondo dove ci si crede di essere importanti soltanto in base a quanti followers ti seguono e ai like guadagnati? Perché questi mondi avatariani riescono ad assuefare così tanto, in particolar modo i più giovani? Perché oggi sembra avere più importanza il mondo virtuale di quello reale?
Di certo l’era pandemica non ha aiutato. Anzi, ha contribuito ulteriormente ad aumentare l’(ab)uso degli schermi da parte dei bimbi e ragazzi: dalla DAD al mattino, per poi ritrovarsi nelle “piazze digitali”nel pomeriggio, fino alla sera inoltrata. E’ anche vero che se questi non potevano uscire per via dei vari lockdown, in qualche modo il tempo dovevano pure trascorrerlo, o no!?
Eppure le fiabe insegnano. .. I mondi nuovi sembrano sempre bellissimi ma purtroppo solo all’inizio, mentre poi alla fine nascondono sempre una qualche fregatura. Alice nel Paese delle Meraviglie, per esempio, rischiava di essere decapitata dalla Regina di Cuori, Pinocchio si sarebbe trasformato in un asino nel Paese dei Balocchi e infine Aladino sarebbe rimasto prigioniero nella Caverna “delle Meraviglie”. (Continua dopo la foto)
Lasciare i ragazzi in un mondo cosi tanto meraviglioso, al prezzo della tranquillità domestica , fa bene o ci si deve aspettare qualche sorpresa?
A questo proposito, le linee guida dell’Oms sembrano esprimersi in tal senso: per i bambini da 0 a 2 anni sembra che valga il divieto assoluto di essere piazzati davanti ad uno schermo; dai 2 ai 4 anni invece non si dovrebbe mai stare per più di un’ora al giorno a guardare passivamente schermi di qualsiasi genere. Dai 6 ai 10 anni la soglia critica si fermerebbe a 2 ore. L’ Oms ribadisce che il tempo trascorso davanti allo schermo potrebbe danneggiare i bambini/e e indica alcune correlazioni con il sovrappeso, l’obesità, problemi di sviluppo motorio e cognitivo e di salute psicosociale. Inoltre l’eccessiva esposizione ai dispositivi rischierebbe di ledere la capacità di esprimere emozioni e comunicare efficacemente. E poi vi sono altri problemi relativi alla tematica del cyberbullismo
che aggiunge ulteriori preoccupazioni dal momento che gli schermi tendono ad isolare i ragazzi e le ragazze i quali si sentono sempre più soli/e.
Sarà per questo motivo che forse i grandi della Terra vieterebbero e/o limiterebbero ai propri figli/e l’uso prolungato dei dispositivi informatici?
La disintossicazione digitale ossia il “liberarsi dell’ipnosi da schermi” dovrebbe passare principalmente attraverso la consapevolezza e l’attività dei GENITORI. Poi dovrebbe intervenire anche lo Stato in qualità di garante del diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione, e del diritto allo sviluppo del minore, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e Adolescenza ( ratificata dall’Italia, a New York il 20 novembre 1989).
E infine anche la società dovrebbe interessarsene dal momento che tale fenomeno riguarda maggiormente i più piccoli. Dovrebbero preoccuparsene tutti: genitori, zii, nonni, docenti, psicologi, animatori, educatori parroci, catechisti pediatri, psicologici infantili, etc.
E infatti, Donato Salvia, acuto osservatore nonché autore del libro “La scuola facile per genitori impegnati” è anche il fondatore della campagna “Fuori dagli schermi è tutto un altro mondo.
Ciao Donato, ma che cosa è la campagna “Fuori dagli schemi è tutto un altro mondo”, e come nasce?
Nel 2020 avevo scritto il libro “La scuola facile per genitori impegnati”. Al tempo aveva un altro titolo. Uno dei capitoli lo avevo riferito al rapporto inverso tra tempo dedicato dal bambino agli schermi e apprendimento. Era molto logico: più il bambino trascorreva del tempo davanti allo schermo, maggiori erano i problemi che lui aveva nell’apprendimento. Non c’era nessuna ulteriore speculazione. Mia nipote stava davanti ad uno schermo per un tempo prolungato e la sua socialità ed empatia scendevano. Siccome la mia didattica era esercitata senza autorità, la mancanza di socialità ed empatia erano un problema. In seguito, durante le vacanze estive cominciai a notare che questo fenomeno era molto esteso: il cellulare e gli schermi venivano usati come “calmante”, come tutor così che i genitori potessero mangiare tranquillamente con gli amici al ristorante, mentre i figli in un tavolo a loro dedicato erano bloccati dalle immagini.
Notai anche gli strilli, quando, finita la cena, i genitori si riprendevano il device e il bambino veniva destato violentemente e buttato fuori nel mondo reale. Quest’anno, quando attraverso una promo di un portale didattico digitale mi resi conto che non c’era una cultura relativa al danno che lo stare davanti ad uno schermo provoca, ho pensato di fare qualcosa a riguardo. Ho cominciato a scrivere post e a far fare vignette ad un amico che ha sposato la causa. (Continua dopo la foto)
Che legame possiamo trovare tra la tua scrittura e la tua campagna?
Per me scrivere significa comunicare con altri per migliorarne la vita. Un buon romanzo può rilassarti e farti del bene. Se un libro ti insegna, ti fa riflettere e crescere, per me è un ottimo libro. Io scrivo per gli altri. Lo stesso libro “La scuola facile per genitori impegnati” è una sfida quasi donchisciottiana. Un autore, non laureato in pedagogia, psicologia (oggi va tanto di moda) come può denunciare un fenomeno quasi patologico nel mondo dei bambini e della scuola? Non lo può, ma lo deve fare se si rende conto della situazione e che la consapevolezza relativa non sta venendo diffusa.
A chi è rivolta questa campagna e perché? E quali sono gli obbiettivi che ti saresti prefissato?
Questo messaggio si rivolge a genitori e personale del mondo della scuola. Per questi ultimi penso sia
evidente che un bambino che arriva a scuola avendo visto dal mattino 2 ore di cartoni animati sia in un limbo di “stupidità” indotta. Mi è già successo durante le conferenze che degli insegnanti mi
accompagnassero con un sì della testa a questa mia osservazione relativa ai cartoni animati dati come
colazione.
Si rivolge ai genitori che possono comprendere che una continuata esposizione ai monitor sarebbe oggi una soluzione per “tranquillizzare” il bambino, ma domani diventare un problema con blocchi di
apprendimento, di cattiva relazione sociale e bassa empatia.
La soluzione di oggi con il bambino diventerebbe una serie di problematiche degli adolescenti.
È possibile che una grossa percentuale di genitori non raccolga la sfida (come molti per esempio non hanno raccolto la sfida dello zucchero e continuano a propinare merendine industriali che rendono obeso il proprio piccolo), ma se anche una piccola percentuale si ritroverà e comincerà a prenderne atto, per me sarebbe un grosso raggiungimento. Anche trovare altri che stanno cercando di fare qualcosa ed unirsi in una community potrebbe essere un ottimo risultato. Insomma che qualcuno ponga l’attenzione al fenomeno sotto gli occhi di tutti e decida di fare qualcosa per limitare questa generazione digitale, è il mio obbiettivo.
Ad oggi quali sono i raggiungimenti?
Non è facile per me rispondere a questa domanda. La campagna è partita oramai da mesi, circa sei e il fatto di avere ora dei contatti con altri che conoscono il problema e in modo isolato lo stanno affrontando, o altri che nel mondo del digital detox stanno lavorando sul fronte adulti potrebbe essere un buon inizio. Molti dirigenti scolastici stanno ricevendo materiale e mi stanno ringraziando per questo. Qualcuno si è sbilanciato annunciandomi che faremo qualcosa con il nuovo anno. Esiste poi una platea di non più giovani che hanno un rapporto meno saldo con i “digit” che approva con grande supporto. Peccato che non siano per ora né genitori, né addetti alla didattica in posizioni che contano.
In quale modo il tu libro può inserirsi in questa attività sociale?
Il libro “La scuola facile per genitori impegnati” nasce con l’obbiettivo di rimettere il genitore al centro della vita didattica del bambino. E non è poca cosa se pensiamo che il bambino arriva a essere coinvolto con la scuola fino ad 8 ore al giorno. Il libro invita il genitore a risolvere le confusioni che incontra con i compiti dei figli, le confusioni generate dai bambini in relazione alle varie materie che hanno affrontato a scuola invece di usare antagonismo verso il corpo degli insegnanti o, peggio ancora, rassegnazione, accettando per buono qualsiasi tipo di etichetta, etichetta che dal mio punto di vista è un pigro modo di risolvere delle normali manifestazioni che il bambino presenta. Il genitore ha il dovere, e con il mio libro spero di fornirgli il piacere, di essere il primo compagno nel magnifico percorso di apprendimento che il figlio deve fare. La campagna si basa su simili fattori. Capendo cosa succede in un bambino quando gli si dà un cellulare od un iPad per tranquillizzarlo o quando glielo si toglie, mettiamo il genitore in una condizione di consapevolezza da cui può riprendere in mano il controllo della vita del proprio figlio.
Insomma libro e campagna sociale sono nate con lo stesso intento. Del resto io sono l’autore che fa felice i bambini.
Ringraziamo ancora Donato Salvia per la sua disponibilità e chiarezza nell’averci illustrato più
approfonditamente alcuni aspetti relativi alla campagna “Fuori dagli schermi è un altro mondo”, con la
speranza che il mondo reale possa ben presto tornare ad essere l’unico palcoscenico della nostra vita e quella dei nostri bambini/e e ragazzi/e.
E ricordiamoci che lo slogan “Giù le mani dei bambini” non vuole riferirsi solo ed esclusivamente alla
protesta attinente all’applicazione di trattamenti sanitari sperimentali ma è da intendersi in un motto volto a contrastare sempre e comunque tutto ciò che potrebbe e/o possa danneggiare i bambini/e, gli adolescenti ed i ragazzi/e.
G-I-U’ L-E M-A-N-I D-A-I B-A-M-B-I-N-I!
Daniela Caldarella