E’ appena iniziata la campagna elettorale e subito Matteo Salvini è tornato a lanciare le sue famose “bombe”. Già, perché a fine 2017, in visita al quartiere Sant’Elia di Cagliari, assicurava un corposo giro di vite sui rimpatri, uno dei suoi storici cavalli di battaglia. Chi non ha il permesso di soggiorno doveva andare “a casa”: «L’impegno del centrodestra deve essere quello di fare centomila espulsioni all’anno, mezzo milione di clandestini riportati al loro Paese in cinque anni: mezzo milione di persone che non scappano da guerre», diceva il 26 novembre 2017. Ma come sono andate realmente le cose? Tante promesse ma nulla di fatto.
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Le promesse non mantenute sulle espulsioni
Comizio dopo comizio, la cifra dei rimpatri salirà a ben 600 mila, ma solo a parole. Il segretario della Lega farà inserire l’obiettivo anche nel Contratto di governo con i 5 Stelle, sebbene le operazioni di rimpatrio degli irregolari presenti sul territorio italiano non possano prescindere da accordi bilaterali con i Paesi di provenienza. Per fare quanto promesso, Salvini avrebbe dovuto convincere regimi, governi in guerra e stati in pieno collasso economico a riprendersi i propri cittadini. Non proprio una passeggiata di salute. Cos’è rimasto delle promesse fatte? Poco e nulla. A fine mandato come Ministro dell’Interno, i dati saranno impietosi: da giugno 2018 a giugno 2019 vengono rimpatriati 7.289 migranti, meno che con il governo Gentiloni (7.383) e neanche un decimo dei centomila annui con cui ha convinto gli elettori. Salvini riuscì a siglare un solo accordo nelle vesti di Ministro, con la Costa d’Avorio.
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Il fallimento dei Decreti Sicurezza
Ricordiamo tutti, poi, i “decreti sicurezza”. I due provvedimenti che avrebbero dovuto opporsi alle imbarcazioni delle Ong. «L’Italia ha già chiuso i suoi porti, le navi straniere in Italia non toccheranno più terra», diceva Salvini il 30 giugno 2018. Anche qui, la realtà dei fatti ci consegna una verità diversa. Le navi continueranno comunque ad attraccare, ma solo dopo inutili lungaggini per l’assegnazione del porto, con alcune futili opposizioni politiche del leader della Lega, che porteranno all’apertura di diverse inchieste penali sull’ex ministro. Emblematico il caso Rackete, poi scagionata da ogni accusa e liberata da giudice per le indagini preliminari di Agrigento con un provvedimento che fa a pezzi la norma sovranista. “Il decreto sicurezza bis non si può applicare alle azioni di salvataggio”, “Rackete ha adempiuto al dovere di salvare la vita dei naufraghi”. Il dl è stato cancellato ed il fallimento della politica migratoria di Salvini viene certificato.
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Prometteva più agenti ma ce ne siamo ritrovati meno di prima
Ma non è tutto. Tra i cavalli di battaglia che portarono la Lega ad essere il terzo partito in Italia c’era anche l’assunzione dei più agenti delle Forze dell’Ordine, al fine di garantire maggior sicurezza a tutto il Paese. Non sono bastate, però, le famose felpe “a tema” di Salvini per mantenere la promessa fatta a cittadini e agenti. «Promettiamo un piano di assunzione straordinario nelle forze dell’ordine, per circa 10.000 uomini e donne», diceva il 3 ottobre 2018. Nella legge di bilancio 2019 si trova traccia soltanto di 7 mila assunzioni, ma spalmate in quei cinque anni di Governo a cui lo stesso Salvini ha dato fine prematuramente dandone annuncio dal Papetee. E comunque, con le uscite per i pensionamenti, il saldo sarà negativo.
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Le nuove promesse non saranno mantenute
Oggi, il leader della Lega inaugura la sua campagna elettorale per le Politiche ripartendo dalla sua promessa non mantenuta più grande: «Basta immigrati, difenderò i confini». Ma se errare è umano, perseverare è diabolico, e tutto lascia intendere che la fine delle parole di Salvini sarà la medesima del 2017, un grosso nulla di fatto, con tanto fumo negli occhi.
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