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Emanuela Orlandi, ecco cosa si nasconde davvero dietro il suo omicidio. Lo scoop de “Il Dubbio”

Pubblicato il 17/04/2023 08:57 - Aggiornato il 17/05/2023 11:35

Forse non sapremo mai cosa è davvero accaduto a Emanuela Orlandi, la ragazza rapita e scomparsa in Vaticano il 22 giugno del 1983. Tutte le indagini prima o poi sembrano finire in uno strano vicolo cieco, come se la verità non debba mai venire a galla. Tra piste vere che poi si mescolano a piste immaginarie e depistaggi, misteri e intrecci su più livelli, capire cosa è successo è quasi impossibile. Qualcosa, però, negli ultimi tempi si sta smuovendo. Come spiega molto bene Daniele Zaccaria su Il Dubbio, il filone di indagine più promettente e in fondo più verosimile è quello che vede coinvolto il cardinale Marcinkus, all’epoca dei fatti direttore dello Ior, la Banca vaticana, i fondi neri ai polacchi di Solidarnosc in chiave anti-sovietica e la Banda della Magliana. Perché tutti questi elementi potrebbero stare insieme e portare alla verità? (Continua a leggere dopo la foto)
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All’inizio degli anni 80 il sindacato Solidarnosc guidato da Lech Walesa fa scricchiolare il regime filosovietico in Polonia. Per il Vaticano, che ha a capo un papa polacco e decisamente anticomunista, sembra quasi fisiologico sostenere il movimento. Il regista di questa operazione è proprio il cardinal Marcinkus. Ricostruisce Zaccaria: “Tramite il Banco Ambrosiano dell’amico Roberto Calvi, il ‘banchiere di Dio’, Marcinkus fa pompare milioni di dollari nelle casse di Solidarnosc attraverso operazioni opache”, facendo rimbalzare il denaro per paradisi fiscali e filiali occulte di mezzo mondo, Panama, Bahamas, Lima, Managua prima di farlo arrivare a Varsavia. Poi c’è il crack del Banco Ambrosiano, e Calvi viene ritrovato impiccato sotto il ponte dei frati neri a Londra. “Suicidio”. Ma cosa c’entra Emanuela Orlandi in tutto questo? (Continua a leggere dopo la foto)

Dopo il crack si fanno avanti i creditori. “Tra loro c’è Pippo Calò, il ‘cassiere’ di Cosa Nostra, che aveva stretto un accordo con la banda della Magliana di Giuseppucci, Abbatino e ‘Renatino’ De Pedis per la gestione e il monopolio dello spaccio di eroina nell’hinterland romano. Secondo questa interpretazione, ipotizzata dal giudice Rosario Priore, il rapimento della cittadina vaticana Emanuela Orlandi sarebbe stato un ricatto della Mafia che avrebbe usato ‘i bravi ragazzi’ della Magliana allo scopo di riottenere i soldi prestati”. Questo è quanto sostiene anche il pentito Antonio Mancini che avrebbe riconosciuto la voce del telefonista che il 28 giugno del 1983, sei giorni dopo il sequestro, chiamò casa Orlandi per dire di aver visto Emanuela senza però chiedere un riscatto: si tratterebbe di tale “Rufiftto”, un sicario al servizio di De Pedis. (Continua a leggere dopo la foto)

Anche Maurizio Abbatino, tra i più influenti della Magliana, confermò la versione: “Emanuela Orlandi fu rapita da De Pedis per i soldi che aveva dato a personaggi del Vaticano. Soldi finiti nelle casse dello Ior e mai restituiti. E non c’erano solo i miliardi dei Testaccini ma pure i soldi della mafia. L’omicidio di Michele Sindona e quello di Roberto Calvi sono legati al sequestro Orlandi. Se non si risolve il primo non si arriverà mai alla verità sul presunto suicidio di Calvi e sulla scomparsa della ragazza”. Parole chiarissime. Se poi pensiamo al fatto che De Pedis conosceva personalmente il cardinale Casaroli e che è sepolto nella basilica di Sant’Apollinare a Roma… Tutto, però, è ancora da chiarire.

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