Una voce fuori dal coro, fenomeno sempre più raro nell’Italia della dittatura sanitaria in cui basta una parola fuori posto per essere etichettato come “no vax” e messo alla gogna. Il virologo Francesco Broccolo, però, continua a tirare dritto per la sua strada, senza paura di dire quello che pensa, sulla base di evidenze scientifiche che spingono a guardare in maniera critica le decisioni del governo. Soprattutto sul fronte terza dose, come spiegato dal professore dell’università Bicocca di Milano durante l’ultima puntata della trasmissione Quarta Repubblica, condotta da Nicola Porro su Rete 4: “I boosterizzati negli ultimi 3 report dell’Iss si ospedalizzano di più rispetto alle persone vaccinate con due sole dosi”.
Per capire quello che sta succedendo, d’altronde, basta dare un’occhiata proprio agli ultimi documenti pubblicati dall’Istituto Superiore della Sanità, secondo nel periodo tra l’inizio di dicembre 2021 e i primi di gennaio 2022 il ricorso al ricovero ordinario per gli under 40 con richiamo è stato 26,8 su 100.000 e 28,3 dal 17 dicembre al 16 gennaio. Numeri che mettono in discussione le scelte dell’esecutivo Draghi soprattutto per quanto riguarda la somministrazione nella fascia più giovane della popolazione. E che potrebbero avere una spiegazione ben precisa.
Secondo Broccolo, infatti, “il motivo per cui il booster non ha un beneficio potrebbe essere relativo al fatto che i giovani hanno effettuato delle vaccinazioni più ravvicinate rispetto agli over 60, e la letteratura ci dice che dosi ravvicinate portano a un fenomeno di anergia”. Ovvero, “il sistema immunitario entra in un meccanismo di tolleranza e continuando a essere stimolato inizia a non rispondere a quell’antigene: tre dosi ravvicinate non si erano mai fatte nella storia dei vaccini”.
Parole che, come sottolineato in queste ore da Patrizia Floder Reitter alle pagine della Verità, ricordano molto da vicino quelle pronunciate un anno fa da un altro esperto, il professore ordinario di farmacologia a Perugia Paolo Puccetti: “Stimolare ripetutamente il sistema immunitario contro una proteina Spike vecchia potrebbe indebolire le future risposte al virus mutato”. Anche l’endocrinologo Giovanni Frajese ha citato di recente uno studio danese che mostra “un’inversione di tendenza della protezione”. Ci sarebbero, insomma, tutti gli elementi per aprire una discussione circa l’opportunità o meno di nuove somministrazioni, soprattutto tra i più giovani. Ma il governo Draghi continua a tirare dritto, fingendo di non vedere.
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