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Ecco perché Crisanti è stato candidato dal Pd. Le vere ragioni di una mossa scorretta e sospetta

Pubblicato il 23/08/2022 10:44 - Aggiornato il 23/08/2022 10:45

A pensare male, era solito dire Giulio Andreotti, si fa peccato ma spesso ci si azzecca. E allora ecco che in queste ore molte testate hanno messo nel mirino la candidatura del virologo Andrea Crisanti con il Partito Democratico. Una scelta politica, per carità. Ma a destare qualche sospetto è il fatto che lo stesso professore sia anche l’autore di una perizia di novanta pagine, con altre 10.000 di allegati, che potrebbero pesare tantissimo sugli esiti dell’inchiesta aperta dalla Procura di Bergamo sulla gestione dell’emergenza Covid.

ANDREA CRISANTI VIROLOGO DIRETTORE AZIENDA OSPEDALIERA DI PADOVA

Soltanto un caso, viene allora da chiedersi, che l’autore di una perizia che potrebbe indurre i pm a iscrivere nel registro degli indagati alcuni esponenti di spicco del Pd sia finito candidato alle elezioni con lo stesso Pd? Una domanda alla quale ha voluto rispondere Crisanti in persona, spiegando alle pagine dell’Agi: “Non ritengo ci sia alcuna inopportunità in questo senso nella mia scelta di candidarmi. La mia è una perizia solo tecnica, durante questi anni ho polemizzato spesso con qualsiasi partito. Non ho mai derogato né mai derogherò alla mia integrità e trasparenza”.

Il microbiologo aveva sottolineato in passato come al centro dello studio sulla gestione della pandemia ci fossero, in particolar modo, le “criticità sulla zona rossa in Val Seriana, sia sulla tempistica che sulle modalità”. Tra le ipotesi dei magistrati guidati dal procuratore Antonio Chiappani, la possibilità che la mancata “chiusura” da parte del governo e della Regione Lombardia del territorio devastato dal Covid abbia potuto aggravare il bilancio delle vittime.

Crisanti ha anche risposto al collega Matteo Bassetti, che aveva ipotizzato un collegamento tra la sua candidatura e la pensione imminente”: Veramente mi avevano chiesto anche 5 anni fa di candidarmi, prima della pandemia – è stata la replica – In ogni caso la pensione non è un limite per chi ha una reputazione scientifica internazionale come la mia, sia in Italia che all’estero. Non avrei problemi a lavorare in un’università inglese o americana”.

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