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Ecco come pensano di islamizzare l’Italia. Svelati i piani segreti del Qatar: “un investimento di 30 milioni”

Pubblicato il 20/12/2022 21:12 - Aggiornato il 20/12/2022 21:24

Nel mentre si susseguono notizie e indiscrezioni e si allarga lo scandalo Qatargate, il minuscolo emirato fa ancora parlare di sé. Non più per motivi calcistici. Non pago dello “shopping” che, solo in Italia, han fatto gli emiri qatarini – acquistando il complesso turistico della Costa Smeralda, numerosi alberghi di lusso e l’intero complesso di Porta Nuova a Milano, per citarne solo alcuni – ecco che apprendiamo dei 30 milioni di euro donati a circa cinquanta comunità islamiche del nostro Paese per la costruzione di moschee o centri di preghiera. Ne danno conto diverse tesate, come il Corriere della Sera, ma soprattutto la notizia (e la cifra) è stata confermata da Izzedin Elgir, ex presidente dell’Ucoii, la Unione delle comunità islamiche italiane. Doha, così, dopo aver sedotto Vip o presunti tali, dopo aver dato una sbiancata alla sua immagine (e, anche qui, più che i mondiali di calcio ci vengono in mente Panzeri e soci), punterebbe ai ceti meno abbienti e alle comunità di immigrati fedeli all’Islam. Hanno già beneficiato dei 30 milioni arrivati da Doha, tra le altre, le comunità islamiche di Brescia, Catania, Messina, Piacenza, Ravenna, Verona.

Il tutto attraverso la Qatar Charity Foundation, il braccio finanziario degli emiri, al centro della presunta rete di corruzione al Parlamento europeo. Laddove qualcuno avesse da eccepire, in merito alla pericolosità di questa donazione, o quanto meno alla sua opportunità, basterebbe ricordare che, portatore di una versione estrema della Sharia, il Qatar è notoriamente finanziatore dei Fratelli Musulmani e, si sospetta da tempo e da più parti, persino dell’Isis.

Nelle moschee l’Imam parla, di norma, quasi sempre in arabo. Di fatto non ci è dato sapere cosa dica: se faccia proselitismo; se inciti all’odio contro gli occidentali o se predichi l’amore. Fatto sta che diverse indagini hanno individuato nelle moschee stesse, spesso ospitate in locali fatiscenti, dei luoghi di indottrinamento violento. Ora, con i soldi del Qatar, magari verranno costruiti edifici di culto moderni e ospitali, ma il problema resta. E di certo non possiamo appellarci alla reciprocità dei rapporti tra le diverse confessioni: qualcuno ha mai provato a edificare una chiesa cristiana in Qatar?

Yassine Lafram, attuale presidente della Ucoii, tende a minimizzare:Abbiamo girato in cerca di aiuti e abbiamo trovato nel Qatar dei benefattori”. Aggiunge, poi, che la donazione è avvenuta “senza ingerenze, come atto di pura carità”. La Qatar Foundation promuove la fede islamica in diversi Stati d’Europa, particolarmente in Francia, ed è presente anche in Italia, sin dal 2013, attraverso importanti investimenti immobiliari, e detiene anche consistenti pacchetti azionari di grandi multinazionali occidentali.

All’indomani dei mondiali di calcio, macchiati dal sangue di un numero imprecisato di operai impegnati nella costruzione di modernissimi stadi, e dopo un mese in cui il mondo ha chiuso un occhio sulle enormi violazioni dei diritti umani, il Qatar prosegue a ingerire nelle vicende europee attraverso il soft power dettato essenzialmente dai suoi petrodollari. Ben 8 miliardi e mezzo di dollari sono stati spesi negli anni dalla Qatar foundation, per “iniziative umanitarie”, si legge sul suo sito istituzionale.

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