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Qatargate, dopo il Parlamento trema anche la Commissione Ue: la svolta nelle indagini

Pubblicato il 20/12/2022 09:45

Uno scandalo che continua ad allargarsi a macchia d’olio, quello che sta travolgendo in questi giorni le istituzioni europee. Con l’inchiesta della Procura belga che, dopo aver coinvolto il Parlamento europeo, in sindacalisti e gli eurodeputati, ora mette nel mirino un’altra istituzione: la Commissione Ue. Repubblica ha riportato il contenuto di un allegato degli atti con i quali i magistrati di Bruxelles motivano gli arresti già compiuti, un documento che contiene anche una relazione dei servizi segreti del Belgio, il Vvse. I riferimenti alla Commissione Europea sono molto espliciti: non si parla ancora di indagini vere e proprie ma di forti sospetti, con indicazioni sulla via da seguire per fare chiarezza. Il coinvolgimento dell’ex Commissario Dimitri Avramopoulos potrebbe essere, dunque, soltanto l’inizio. (Continua a leggere dopo la foto)

Il punto, dunque, sembra ora quello di dimostrare le infiltrazioni dentro la Commissione. E d’altronde, come spiegato ancora da Repubblica, il trio composto da Antonio Panzeri, Andrea Cozzolino e Francesco Giorgi “aveva bisogno di intervenire a favore di Doha e Rabat nel modo più ampio possibile all’interno delle istituzioni europee”. Nei vari mandati d’arresto è sottolineato come le accuse di riciclaggio, corruzione e organizzazione criminale siano inserite in un contesto ben più ampio. (Continua a leggere dopo la foto)

Le ipotesi avanzate dalla Procura belga sono quelle di “attentato alla sicurezza pubblica” e “pericolo per l’equilibrio della democrazia”. Il fine ultimo della “cricca”, come è stata ribattezzata dai giornali in questi giorni, era quello di influenzare le istituzioni europee ottenendo in cambio “ingenti somme di denaro” quantificabili in “svariati milioni di euro”. (Continua a leggere dopo la foto)

Marocco e Qatar avrebbero avuto, in tutto questo, obiettivi “diversi ma che a volte si sovrapponevano”: per il Marocco la priorità era questione migranti e la gestione dell’area del Sahara occidentale, occupata ma ancora non riconosciuta a livello internazionale come territorio marocchino. Doha dava invece la priorità a “migliorare l’immagine in relazione ai diritti dei lavoratori”, in particolare quelli impegnati nella realizzazione di strutture per i Mondiali di calcio.

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