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“È più facile lasciare l’Ue che cambiarla dall’interno. In questi anni l’Italia ha solo perso”

Pubblicato il 24/03/2021 11:55 - Aggiornato il 24/03/2021 12:04

Quanti anni sono trascorsi da quando siamo entrati nell’Unione europea e l’euro ha preso il posto della lira? Troppi. Oggi più che mai è necessario un drastico cambio di rotta perchè l’Italia torni a risorgere forte, orgogliosa e soprattutto non più schiava dei capricci della gabbia europea. Non ci serve altro per capire che “è più facile lasciare l’Ue che cambiarla dall’interno”, di questo ed altre tematiche è certo il senatore Gianluigi Paragone, leader del partito ItalExit che ha posizioni chiare e radicali ed è impegnato per la sovranità e l’uscita del Paese dall’Unione Europea.

Paragone, in un’intervista concessa al giornale EL ESPAÑOL, spiega perché l’Italia dovrebbe lasciare l’Unione Europea (UE) e l’euro: “Non abbiamo fatto altro che perdere opportunità molto preziose. L’idea alla base dell’Unione europea è quella di standardizzare, dopotutto un processo di unificazione cerca un minimo comune denominatore. È molto difficile per l’Italia espandersi economicamente in un progetto come quello dell’Unione Europea. L’economia italiana fa affidamento sulla forza di una miriade di PMI e una moneta di proprietà statale può essere svalutata per essere più competitiva in contesti globali”.

Essere sovrani significa andare sempre contro l’UE? “La sovranità è l’esaltazione della ricchezza del proprio paese. Non abbiamo nulla contro l’Europa, purché si parli di una confederazione di Stati pienamente sovrani. Il legame con l’UE, quindi, deve essere più allentato. Questo è nato senza una struttura politica, ma tenendo conto di quella economica. Per noi sovranisti, la competitività della valuta [nazionale] è essenziale per costruire la nostra forza economica nazionale. La svalutazione della moneta può sembrare poco europea, ma è una delle opzioni che deve avere uno Stato sovrano”.

Qual è la pietra miliare nella storia dell’Ue che rappresenta, per te, la svolta che giustifica il fatto di volerla lasciare? “Non c’è un momento specifico, è l’accumulo di molti di loro”.

È più facile lasciare l’UE che cambiarla dall’interno? “Non crediamo che l’Unione europea possa essere cambiata dall’interno. A mio avviso è un’unione germanica che, attraverso l’euro, ha avuto la possibilità di svalutare leggermente una moneta forte, come il marco. Il passaggio dal marco all’euro, infatti, ha premiato l’economia tedesca e ha favorito l’emergere di paesi ed economie satellite, come la Polonia. Inoltre, non credo che si possa cambiare un’Unione europea che, da tempo, conosce i propri limiti e non vuole superarli. Non crediamo che una moneta unica così rigida abbia senso in un concerto di asimmetrie fiscali. In questi anni, per noi, l’Italia ha perso. 
Non ho intenzione di aggiustare l’Unione europea, anzi, in ogni caso fare pressioni su di essa per consumarla. La mia formazione politica, infatti, si chiama Italexit proprio per questo. Potrebbe cambiare posizione se la Bce considerasse l’idea di neutralizzare il debito, ma secondo il suo statuto non può farlo”. 

Se l’Unione Europea (UE) non esistesse, sarebbe necessario reinventarla? “No, almeno inteso come Stati Uniti d’Europa, e che oggi è ben lungi dall’essere come gli Stati Uniti d’America. Che “i paesi membri sono troppo piccoli in un mondo globale” è solo un’idea preconcetta. Il Giappone è una piccola nazione geograficamente, ma è una potenza economica invidiabile. Non è la dimensione degli Stati che determina, ma la piena sovranità. In tutto questo, lo strumento monetario è essenziale per uno Stato. Tuttavia, ci troviamo nel paradosso che puntiamo agli Stati Uniti d’Europa, ma in pratica l’UE non è altro, insisto, che un’unione germanica. Per noi di Italexit questo non ci vale. Non è un capriccio, ma una questione di convenienza”. 

Qual è la sua opinione dell’attuale Esecutivo di Unità Nazionale, presieduto dal Primo Ministro italiano Mario Draghi? “Non è un governo di unità nazionale. Mario Draghi vuole applicare una politica non funzionale agli interessi degli italiani. È il risultato di un potere che ha osservato la sua evoluzione all’interno della dimensione finanziaria. Non credo che Draghi possa risolvere, a mio avviso, una situazione generata dal mondo finanziario. L’attuale Presidente del Consiglio italiano non è strutturato, per la sua formazione, per fare una lettura della società, ma delle società quotate in Borsa. Draghi, non è un salvatore del Paese, ma un’espressione dell’élite finanziaria. Un’élite che non partecipa al processo democratico. Draghi, quindi, torna a ricoprire un ruolo di decisore senza aver mai avuto un rapporto diretto con i cittadini”. 

Sei passato dal giornalismo alla politica. Ti penti della tua decisione? Il senatore Paragone conclude l’intervista spiegando: “La politica, per me, rappresenta l’attuazione di ciò che ho sempre difeso come giornalista. Il giornalismo pone al centro dell’attenzione i problemi, la politica dovrebbe consentirne la riparazione. In questo senso, la politica è un pezzo complementare e aggiunto al giornalismo”.