L’Unione Europea non è mai stata troppo avvezza ai diritti dei lavoratori. Con le politiche di “flessibilizzazione del mercato del lavoro” aveva già generato numerosi danni, ma oggi sembra addirittura voler fare peggio. A puntare i riflettori sulla situazione di potenziale pericolo è stata la Confederazione europea dei sindacati, la CES, in vista dell’imminente introduzione dello “strumento europeo di emergenza per il mercato unico”. Si tratta del Single market emergency instrument, lo SMEI, annunciato da Ursula von der Leyen già nel febbraio 2021 e che nei prossimi giorni vedrà la luce.
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Secondo la CES, la messa in opera dello SMEI, tra le altre cose, potrebbe andare a minare addirittura il diritto allo sciopero dei lavoratori europei. La possibilità di mettere a rischio questo diritto fondamentale, acquisito con anni di dure lotte sociali, deriva dal fatto di utilizzare la consueta scusa del permanente stato d’emergenza a cui ormai l’Europa ci ha abituato per mettere in campo misure, appunto, emergenziali. Come riporta Byoblu, la CES, avanzando forti preoccupazioni, ha inviato una lettera alla Commissione Europea, affermano che lo SMEI condizionerebbe l’esercizio dei “diritti sindacali fondamentali, specialmente quello di intraprendere azioni collettive, incluso il diritto allo sciopero”. Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta.
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Lo SMEI è una legge proposta dalla Commissione UE, e introduce una serie di misure volte al facilitare il monitoraggio delle catene di approvvigionamento dei settori critici cosicché, in caso di emergenza, si possa intervenire più tempestivamente sui mercati. C’è da tener conto però che, come abbiamo visto nel 2020 e come molto probabilmente vedremo in questa fine 2022, in caso di emergenza la risposta europea è chiudere tutto. I lockdown del passato hanno infatti creato numerose criticità sulla disponibilità di beni e servizi di importanza strategica. L’obiettivo sarebbe dunque quello di prevenire.
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Di contro, in situazioni non emergenziali, lo SMEI attiva un sistema di allerta precoce, unitamente a protocolli anti crisi. Vengono predisposte delle riserve strategiche attraverso la richiesta ai Paesi membri UE di fornire inventari sui beni essenziali, così come l’obbligo per le imprese di fornire informazioni sulla disponibilità dei beni e servizi fondamentali. In buona sostanza, si costringono le aziende a produrre ed accumulare beni. Se le aziende non rispettano gli ordini, c’è la minaccia di multa, 300 mila euro.
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Nel qual caso la crisi di turno dovesse aggravarsi, invece, con l’accordo unanime del consiglio, scatta la modalità d’emergenza. Si vieta l’esportazione intra-UE dei beni rilevanti per la crisi e si vieta anche qualsiasi restrizione alla libera circolazione dei lavoratori coinvolti nella fornitura. Inoltre, potrebbe scattare l’obbligo per le imprese a privilegiare certi ordini e fornitori. Si fa l’esempio di una ditta farmaceutica, che potrebbe essere costretta a consegnare i vaccini prima all’Europa. Per fare tutto questo, verrebbe abrogato il regolamento del 1998 che assicura il diritto allo sciopero. Bruxelles con lo SMEI inficerebbe su tale diritto, senza poterlo ripristinare.
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