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“Danno da vaccino, dovranno tutti essere risarciti”. Obbligatorio o raccomandato, le novità

Pubblicato il 16/11/2022 19:29

Secondo la Corte Costituzionale, la vaccinazione è un trattamento sanitario (art. 32 Cost.) con una duplice finalità: “individuale” in quanto mira a proteggere la persona che si sottopone alla vaccinazione e “collettiva” poiché mira a proteggere gli altri dal rischio di diffusione del contagio. Ma cosa succede in caso di un eventuale danno consequenziale alla vaccinazione? Attualmente si prospettano due possibili scenari per la tutela del danneggiato: l’azione di indennizzo e l’azione di risarcimento danni. Entrambe le azioni possono essere promosse alternativamente e/o cumulativamente al ricorrere di determinati presupposti, al netto delle chiare differenze poste in essere tra l’indennizzo ed il risarcimento. Fatta questa premessa, l’articolo pubblicato da sanitàinformazione.it che andiamo a riprendere tornerà utile per una più chiara e precisa disamina delle tutele previste dalle normative vigenti e delle novità specificamente introdotte in materia di vaccino anti Covid-19.
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Stando a quanto riportato dal portale, dunque, la tutela indennitaria è disciplinata dalla legge n. 210 del 1992, e coesiste nel nostro ordinamento con la parallela forma di tutela di tipo risarcitorio, differenziandosene nettamente in quanto non richiede, ai fini della propria corresponsione, la sussistenza di profili di colpa né l’illiceità del fatto. Questo significa che il danno indennizzabile non è imputabile ad una condotta colposa assunta da un soggetto coinvolto nella procedura vaccinale, bensì sorge, anche da fatto lecito, per il mero manifestarsi della menomazione irreversibile causa diretta della vaccinazione inoculata. In tal senso l’articolo di riferimento è l’art. 1 comma 1 della L. 210/92, il quale stabilisce che l’indennizzo è corrisposto a «chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge».
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La novità sta nel fatto che la normativa vigente in ambito di riconoscimento delle indennità previste per danni permanenti da vaccinazione è stata recentemente integrata per ricomprendere in maniera specifica anche la casistica dei vaccini anti Covid-19, cd. “anti Sars-CoV-2”. Infatti, l’ambito della tutela indennitaria spettante per i danni causati dal vaccino anti Covid, è stato quello dell’applicabilità della legge 210/92 solo ai casi di obbligatorietà vaccinale e/o anche a quelli della cd. vaccinazione raccomandata. Questo coinvolge chiaramente i vaccini anti Covid-19. che sono assimilabili all’ambito della vaccinazione “fortemente raccomandata”, salvo i casi in cui è stata stabilita obbligatoriamente. Ferma la piena applicabilità della L. 210/1992 a tutti i casi in cui il vaccino anti Covid è stato reso obbligatorio ex lege, la tutela risarcitoria è prevista anche per le categorie non obbligate eventualmente colpite.
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Dunque, lo Stato è obbligato a risarcire il danno subito dal soggetto che si è sottoposto ad un vaccino, anche non prefigurando l’obbligatorietà o meno dello stesso. Il danno, infatti, è pienamente risarcibile anche se originato dalla somministrazione di un vaccino anche solo fortemente raccomandato, dal quale è scaturito un serio danno alla salute che sia stato accertato e adeguatamente valutato in sede medico-legale. La discriminante, infatti, stava proprio in questa differenziazione. Con l’emanazione di tale disposizione, l’indennizzo è stato normativamente riconosciuto non soltanto in caso di “obbligo vaccinale”, ma anche alla platea che, pur non essendo obbligata, ha seguito le raccomandazioni ministeriali sottoponendosi all’inoculazione del “vaccino raccomandato”. Lo Stato deve quindi garantire che l’erogazione di un equo indennizzo venga elargito anche ai soggetti non obbligati alla vaccinazione, poiché è lecito affermare che anch’essi si siano sottoposti alla somministrazione in ragione di esigenze collettive di solidarietà sociale e non solo, quindi, per un mero beneficio personale. Questo ovviamente secondo quanto stabilito dai principi di legge. Che la realtà dei fatti in materia di “solidarietà sociale” sia ben diversa, è un altro paio di maniche. Per approfondire l’argomento vi rimandiamo all’articolo originale.

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