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Cultura e Recovery Fund, cosa ci aspetta?

Pubblicato il 05/07/2021 10:19

Antonio Iracà – Coordinatore Regionale FVG Italexit
Pordenone

L’italia, il bel Paese, è una miniera di tesori inestimabili che la rendono inequivocabilmente uno dei territori più ricchi di storia e di cultura artistica tanto da essere invidiata dal resto del mondo. Basti pensare che in Italia sono presenti il maggior numero di siti Unesco al mondo, ben 53!

Purtroppo gli italiani, vivendo abitualmente a stretto contatto con tanta bellezza, molto spesso dimenticano il valore di ciò che possiedono, trascurando il più delle volte di tutelarlo nel modo più efficiente. A differenza nostra, i cittadini stranieri, consapevoli di poter accrescere le proprie conoscenze e la propria cultura, hanno invece approfittato dell’immenso patrimonio che ci appartiene, investendo tempo e denaro per visitare negli anni tutto ciò che per noi è scontato e alle volte dimenticato. A riscontro di ciò gli alberghi italiani hanno ricevuto in media ogni anno, prenotazioni per più di 400.000.000 (400 milioni) di notti.

Con la sua storia millenaria l’Italia ha visto accrescere il proprio patrimonio durante ogni periodo storico delle varie civiltà antiche. Basti pensare alla grandezza ineguagliata dell’epoca romana, alla rivoluzione pittorica del medioevo e alla massima espressione culturale avuta durante il rinascimento. Una crescita continua e un arricchimento che nessun’altro paese al mondo è riuscito a eguagliare.

Consapevoli di tutto ciò i padri costituenti nell’ art.9 sancirono che La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, ricordandoci che un dono non va sprecato e non va lasciato degradare, ma deve essere trasformato in uno strumento, un mezzo che possa apportare benessere socioeconomico all’intera nazione. Nonostante nei decenni si sia sempre discusso sulla necessità di sfruttare la cultura, l’arte e il turismo per creare posti di lavoro e per innalzare di qualche punto il nostro PIL; nonostante si sia più volte denunciata l’incuria e la malagestione di molti siti d’interesse storico-artistico-culturale, poco è stato fatto!

Oggi, attraverso un recovery plan e un PNRR, l’Italia ha richiesto 6.68 mld di euro per turismo e cultura, che dilazionati negli anni dovrebbero rilanciare questi settori insieme all’economia del paese, ma che, visti gli ambiti d’intervento, rappresentano davvero un fondo troppo esiguo. Di certo non staremo qui a disquisire su quali siano le reali necessità di un settore come quello del turismo e della cultura, ma è doveroso specificare che il recovery è in realtà gravato da pesanti condizioni, che lo rendono ben diverso dai tradizionali fondi strutturali. Il Recovery Fund infatti prevede che, accanto all’opera o al progetto, il governo che vi accede debba anche stabilirne gli obiettivi economici che verranno raggiunti e generati. L’erogazione finale infatti avviene unicamente al raggiungimento di detti obiettivi.

Solo il 10% dei fondi del Recovery Plan sarà erogato entro la fine 2021, mentre il rimanente 90% sarà vincolato al raggiungimento degli obiettivi presentati in fase di richiesta, fermo restando che l’arco temporale è di soli 6 anni. In un contesto, dove le risorse umane fossero numericamente sufficienti, la pressione imposta sul nostro governo per l’esecuzione dei progetti sarebbe semplicemente uno stimolo. Nella realtà odierna dell’Italia, caratterizzata dalla carenza di personale e dalla complessità e dalla rigidità delle procedure, invece è da chiedersi se la macchina amministrativa sarà in grado di gestire questa enorme mole di lavoro e cosa accadrebbe se non si raggiungessero gli obiettivi prefissati.

Il Ministero della cultura (MiC) sarà in grado di gestire questo surplus amministrativo? Di certo il settore Cultura e Turismo, che per il nostro paese dovrebbe essere la punta di diamante per il rilancio economico (basti pensare che il solo turismo rappresenta circa il 12% del Pil), sembra stia già manifestando segni di preoccupazione per l’arrivo di questi fondi. Il MIC infatti avrà una grossa responsabilità, visto che con questi fondi dovrà rilanciare l’immagine e il “brand” del paese a livello internazionale, ma che a queste condizioni e termini, sarà davvero un’impresa difficile.