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Covid, in Cina tutti vogliono il farmaco italiano. Cos’è l’acido ursodeossicolico e che effetti ha

Pubblicato il 02/01/2023 16:54

Nella Cina alle prese con la recrudescenza del Covid è caccia all’Udca, un farmaco il cui principale componente arriva dall’Italia. Ne parla Federico Fubini sul Corriere della sera, ma la notizia sta facendo rapidamente il giro del web. L’acido ursodeossicolico, questo il suo nome ufficiale, era stato inizialmente prodotto per altri tipi di cure. E così, se tre anni fa, all’“esordio” del Covid-19, la stessa Repubblica popolare cinese da cui tutto partì proibì l’export della sua intera produzione farmaceutica, mentre i Paesi europei, totalmente impreparati, vivevano la prima fase di angosce e di chiusure indiscriminate, nelle ultime settimane la situazione si è paradossalmente capovolta. Nel Paese del Dragone i cittadini, dinanzi alla palese mancanza delle istituzioni che, eccetto le misure restrittive, si stanno dimostrando piuttosto impreparati, si riversano a comprare un farmaco il cui ingrediente di base, come anticipato, parla italiano. Il primo produttore al mondo di questo principio attivo è un’azienda italiana: la Ice (Industria Chimica Emiliana) di Reggio Emilia, fondata come impresa familiare nel 1949 e ceduto dai fratelli Enzo e Maurizio Bartoli nel 2019 al fondo d’investimento Advent International. Se l’argomento non fosse dannatamente serio, potremmo parlare di rivincita del Made in Italy contro il Made in China. Sta di fatto che l’Udca in Cina sta andando a ruba, ed è sempre più arduo reperirlo sugli scaffali delle farmacie. (Continua a leggere dopo la foto)

Come ricorda l’articolo citato, lo Hubei, la provincia cinese la cui capitale è Wuhan, è la prima provincia della Cina per produzione di ingredienti e principi attivi farmaceutici, quelli che poi entrano nei medicinali assemblati in Europa. La chiusura all’export del 2020 generò, dunque, a una scarsità di medicinali in Europa. Eppure, nel decennio fino al 2020 l’export farmaceutico della Repubblica popolare era aumentato fino a rendere l’Europa del tutto dipendente da esso. Il fatturato nel mondo dell’industria farmaceutica cinese era quadruplicato a 120 miliardi di dollari l’anno, consultando i dati dell’Ocse. Ora, davanti alle proteste della popolazione cinese dopo anni di restrizioni estenuanti, il regime di Ji Xinping ha tolto dieci divieti fondamentali. Ma lo ha fatto senza che fosse predisposta alcuna strategia medico-scientifica, senza che fossero state rafforzate le terapie intensive e, soprattutto, senza una sufficiente disponibilità di farmaci per mitigare l’impatto del virus. Ecco perché la corsa all’acido ursodeossicolico.

Il principio attivo prodotto dalla Ice è di norma indicato per sindromi epatiche e biliari. Uno studio pubblicato il 5 dicembre su Nature da due ricercatori dello Stem Cell Institute di Cambridge, Teresa Brevini e Fotios Sampaziotis ha dato il la alle frenetiche ricerche dell’Udca. I medici in Cina hanno iniziato a prescriverlo per i loro pazienti (anche quelli sani). Il farmaco è diventato improvvisamente molto ricercato dalla popolazione. Ora è andato a ruba e le case cinesi che assemblano il principio attivo — Xuantai Pharma e New China Pharma — hanno visto le loro azioni letteralmente esplodere alla Borsa di Shanghai. (Continua a leggere dopo la foto)

L’acido ursodeossicolico (Udca), come leggiamo in quest’altro articolo del quotidiano milanese, è stato testato dal professor Andrew Owen, dell’Università di Liverpool, per dimostrare che il farmaco ha prevenuto l’infezione nei criceti esposti al virus, che sono usati come modello per i test preclinici di farmaci contro Sars-CoV-2. Alla ricerca si sono, poi, uniti il professor Andrew Fisher, dell’Università di Newcastle, e il professor Chris Watson, dell’ospedale di Addenbrooke, per verificare se le loro scoperte sui criceti fossero vere nei polmoni umani esposti al virus. Il team, in seguito, ha utilizzato veri polmoni umani donati alla ricerca, mantenuti in vita da una apposita macchina. Il risultato è stato che il polmone, trattato con il farmaco, ha resistito all’infezione, sviluppatasi invece nell’altro polmone.

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