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I tamponi all’aeroporto sono inutili. Così i contagiati provenienti dalla Cina “aggirano” i controlli

Pubblicato il 29/12/2022 10:55 - Aggiornato il 29/12/2022 11:06

L’Italia continua a guardare alla Cina con apprensione, con i telegiornali prontamente tornati a parlare di curva dei contagi e ospedalizzazioni e i nostri virologi rapidissimi nel puntare il dito: “Attenzione a quanto sta accadendo a Pechino, presto potremmo ritrovarci nella stessa situazione”. Con il governo Meloni che, nel dubbio, ha deciso di rendere obbligatori i tamponi per chi arriva nel nostro Paese dalla Cina. Una misura che, però, è stata già adottata in passato senza dare alcun frutto. Come spiegato dal Corriere della Sera, infatti, i test all’aeroporto erano stati già adottati tre anni fa, quando dall’Est del mondo iniziavano ad arrivare le prime, inquietanti notizie sul Covid. Il virus, però, nel frattempo aveva iniziato a circolare. Stando ai dati forniti da Airline Data Inc, dal 18 al 28 dicembre i voli diretti dalla Cina al’’Italia sono stati appena 13 per un totale di 3.869 sedili: 10 frequenze verso Roma Fiumicino, 3 verso Milano Malpensa. Ma si tratta di una minima parte, visto che molti fanno scalo a Parigi, Francoforte, Helsinki. (Continua a leggere dopo la foto)

Secondo il Corriere, la principale porta d’ingresso per l’Italia dalla Cina è lo scalo di Bruxelles: nel periodo 18-28 dicembre ci sono stati 97 voli diretti Cina-Europa (per quasi 28.500 posti offerti), dei quali 14 verso Bruxelles, al primo posto, 13 verso la Germania (come l’Italia), quindi 9 verso la Gran Bretagna, 7 verso la Finlandia. (Continua a leggere dopo la foto)

Oltre a Bruxelles, il modo principale per arrivare in Italia dalla Cina è costituito dagli hub mediorentali: si scende a Dubai, Doha e Abu Dhabi e poi si parte per il Bel Paese. Nello stesso periodo di riferimento ci sono stati 21 voli tra il gigante asiatico e Dubai/Abu Dhabi, per esempio. (Continua a leggere dopo la foto)

Ulteriore collegamento tra la Cina e il nostro Paese è quello costituito dal transito all’aeroporto di Singapore: negli undici giorni presi in esame ci sono state 73 partenze dalla Cina alla città-Stato asiatica per oltre 18 mila sedili. Non tutti si sono diretti in Italia, ma una buona percentuale sì. Controllare soltanto chi arriva direttamente da Pechino, dunque, non serve in realtà assolutamente a niente.

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