Negli Stati Uniti è scoppiata un’altra “guerra” contro la Cina. Al centro dello scontro ci sono le auto elettriche che spiano i propri proprietari. Il presidente Usa Joe Biden ha infatti ordinato di avviare un’indagine sulle tecnologie utilizzate nelle auto e nei camion elettrici connessi a Internet e provenienti dalla Cina. L’ipotesi è seria: minacce alla sicurezza nazionale per l’invio di informazioni sensibili a Pechino. Questo allarme ora risuona fortissimo anche in Italia, alla luce dei colloqui che il governo sta portando avanti con alcune case automobilistiche cinesi per rilanciare l’indotto. Le auto-spie arriveranno anche in Italia quindi? O ci sono già? Sì, perché l’allarme riguarda anche i veicoli prodotti in Cina e poi esportati in Italia. Attraverso le “black box”, le auto raccolgono e forniscono una miriade di dati. (Continua a leggere dopo la foto)
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Geolocalizzazione, velocità, consumi, comportamento di guida, ma anche statistiche nell’utilizzo di contenuti del sistema di infotainment, numero di persone trasportate, carichi, eccetera. Tutto questo viene poi inviato ai vari attori in gioco: la casa di produzione, l’assicurazione, il noleggiatore e, infine, il governo centrale, che continua così a costruire la sua enorme banca dati. E cosa dire dei sensori e delle telecamere che monitorano l’ambiente esterno? Come spiega LaVerità, il piano cinese è partito nel 2019, e l’idea è quella di rendere le auto elettriche dei veri e propri agenti-spia che raccolgono dati a destra e manca in base ai viaggi dei loro proprietari. Il piano si chiama “New energy vehicle” (Nev). (Continua a leggere dopo la foto)
Lo dimostra un’altra notizia rilanciata dal Washington Post, che riguarda una rilevante fuga di dati partita da I-Soon, un’azienda specializzata in servizi di hackeraggio per conto del governo di Pechino. I documenti rivelano una sofisticata gamma di strumenti e tecniche informatiche per la raccolta dati: si tratta di dispositivi portatili di penetrazione della Rete, progettati per lanciare attacchi e diffondere malware, ma mascherati da dispositivi elettronici di uso quotidiano. Come quelli a bordo delle auto, appunto. Come spiega ancora LaVerità, “i nuovi modelli raccolgono più informazioni di un telefonino. Non è un caso se assicurazioni e società di leasing stanno chiedendo a Bruxelles di poter accedere alle informazioni, ora monopolio delle case produttrici”. È il nuovo grande business delle informazioni alle spalle di chi ha sganciato “migliaia di euro per comprare l’auto e la guida tutti i giorni”.
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