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“Combattono solo il patriarcato italiano”. Borgonovo asfalta le femministe: la verità che manda in tilt la sinistra

Pubblicato il 21/12/2023 11:45

I cortocircuiti della sinistra sono incredibili. Da una parte la lotta al patriarcato e ai femminicidi; dall’altra l’immigrazione incontrollata da difendere a spada tratta. E quando queste due cose entrano in rotta di collisione non si sa più cosa fare e cosa dire. E allora ecco che la lotta al patriarcato vale solo con i nostri connazionali, se a praticarlo, arrivando perfino a uccidere una bambina, sono gli immigrati, allora si tace, in una sorta di silenzio assenso. Si spiega così l’assenza di manifestazioni di fronte al tribunale di Reggio Emilia, dove i giudici scandivano le condanne all’ergastolo e a 14 anni di reclusione per i genitori e lo zio di Saman Abbas, uccisa a 18 anni perché rifiutava il matrimonio imposto dalla famiglia. Di chiede Francesco Borgonovo su LaVerità: “Dove sono le ultra femministe che settimane fa hanno preso d’assalto la sede di Pro vita?” (Continua a leggere dopo la foto)
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Lo diciamo noi: a casa. Perché altrimenti avrebbero dovuto combattere il patriarcato degli immigrati. e Si sarebbe creato il cortocircuito. Così tra la difesa degli immigrati e quella di una giovane vita spezzata, hanno scelto la prima. Potevano fare un sit in sotto all’ambasciata del Pakistan, magari. E invece niente. Si chiede ancora Borgonovo spiazzando la sinistra: “Ma il caso di Saman, in tutto questo, dove rientra? Eppure dovrebbe essere un caso da manuale di violenza patriarcale, giusto per restare nel recinto degli stereotipi costruito dal neo-femminismo. Viene allora il sospetto che la provenienza geografica e l’etnia giochino un ruolo in questo nascondimento ipocrita”. (Continua a leggere dopo la foto)

Conclude il suo affondo Borgonovo: “È molto difficile, dopo tutto, parlare dell’omicidio di Saman senza tirarne in ballo la causa prima, e cioè l’immigrazione incontrollata. La famiglia Abbas è giunta dal Pakistan e non ne ha mai abbandonato i più oscuri vizi culturali, che per altro si sono spesso manifestati drammaticamente anche in altre realtà italiane. Fra gli osteggiatori del patriarcato c’è chi sia disposto ad ammetterlo? […] L’indignazione, di questi tempi, la si può rivolgere verso i maschi e la loro «brutalità congenita». Ma se quei maschi sono stranieri – e dunque appartengono a una minoranza per definizione «discriminata» – il discorso cambia, ed entrano in gioco perverse forme di comprensione, subdoli tentativi di giustificazione”.

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