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Certificate ma difettose. È (ancora) allarme per le mascherine

Pubblicato il 29/03/2021 11:39 - Aggiornato il 29/03/2021 12:34

Che senso hanno tutti i sacrifici pretesi dagli italiani, se ancora dopo un anno -a causa della loro pessima gestione- i dati che emergono dai controlli effettuati sulle mascherine indicano molte falle nel sistema? Nel mercato si tenta di far entrare di tutto e i controlli non sempre riescono a bloccare la circolazione e vendita di prodotti con scarso potere filtrante.

Tant’è che Isabella Mori, responsabile del servizio Tutela dei Cittadini, lancia l’allarme, sottolinea che “occorre stare attenti” e informa che “migliaia di mascherine che non rispettano la legge entrano comunque nel mercato”. (Continua dopo la foto)

Che siano chirurgiche, ffp2 o ffp3 nulla cambia. “Una mascherina su dieci che arriva in Italia non supera i test di filtraggio”, riporta il Messaggero. Non solo. Il 62% delle pratiche, più della metà, per commercializzare le mascherine chirurgiche, non riceve l’ok da parte dell’Iss, Istituto Superiore di Sanità. Insomma, “molti dei presidi che dovrebbero garantire le indispensabili capacità filtranti per proteggere chi le indossa dal Coronavirus, in realtà non lo fanno”.

Il primo dato viene fornito dalle agenzie delle dogane. Il 10% dei materiali analizzati nei laboratori non supera i controlli. Il dato rappresenta una percentuale indicativa che potrebbe essere minore rispetto a quello reale: i controlli effettuati alla dogana, infatti, sono controlli su base campionaria, analizzare tutti i lotti sarebbe impossibile, anche se i numeri che vengono riferiti sono notevoli. Da quando è scoppiata l’emergenza, quasi 4 miliardi e 600milioni di mascherine sono state sdoganate. (Continua dopo la foto)

La prima analisi alla dogana riguarda quella documentale, ovvero si verifica che i documenti che accompagnano i prodotti siano autentici o che corrispondano alla merce introdotta. Due delle principali porte di ingresso del Paese sono gli uffici diretti da Davide Miggiano, dirigente su Civitavecchia e Fiumicino.

La validazione in deroga consente, con tutti i rischi che ne derivano, l’introduzione dei presidi di protezione nel territorio nazionale senza la vendita fin quando non si riceve l’autorizzazione definitiva.