Attraverso un’ordinanza depositata lo scorso 2 agosto, il Tribunale di Varese si è espresso favorevolmente verso quella che da molti viene definita come “censura”. Con tutta probabilità chi ci legge avrà sperimentato sulla propria pelle, almeno per una volta, le sanzioni che Facebook impartisce arbitrariamente a chi, secondo gli algoritmi o attraverso la segnalazione di qualche autoproclamato “fact-checker”, fa della becera disinformazione no vax. Ebbene, il giudice in questione ha stabilito che cancellare i post e sospendere i profili definiti “no vax” non rappresenti una violazione della libertà di pensiero. Il motivo? Secondo il tribunale i diritti degli utenti trovano precisi limiti di fronte a situazioni di emergenza o di rischio.
(Continua a leggere dopo la foto)
Facebook censura i post no vax
A riportare la notizia è Norme e Tributi + de Il Sole 24 Ore, che descrive la vicenda sin dall’inizio, quando una donna il cui profilo è stato sospeso per 30 giorni dopo la pubblicazione di un video in cui una parlamentare definiva i vaccini “iniezioni letali”, è ricorda alla giustizia denunciando l’accaduto. La donna non avrebbe commentato il post della parlamentare ma si sarebbe limitata a condividerlo sul suo profilo e su una pagina da lei amministrata con diverse centinaia di iscritti. La mannaia censoria di Facebook è arrivata poco dopo, decretando la rimozione del post e poi il blocco dell’account. Come spesso accade, la motivazione di Facebook riguarderebbe l’abuso rispetto agli standard della Community e il contratto sottoscritto con l’utente al momento dell’iscrizione al social.
(Continua a leggere dopo la foto)
La reazione della donna
Decisa a tutelare la propria libertà di pensiero e di espressione, la donna ha deciso di rivolgersi al Tribunale di Varese, sostenendo che il contratto firmato con Facebook contenesse clausole che potevano ledere la sua libertà di espressione, garantita invece dall’articolo 21 della Costituzione italiana. Per il giudice, però, le clausole non sarebbero in contrasto con il nostro ordinamento, poiché il diritto di manifestare il proprio pensiero sui social network non è assoluto ma si scontra con dei limiti, in questo caso da ricondurre al concetto vago e aleatorio di “salute pubblica”. Facebook infatti blocca, sospende e banna tutti i post e gli account che avanzano dei dubbi anche leciti sulla vaccinazione o sul Covid.
(Continua a leggere dopo la foto)
Il tribunale legittima l’oscurantismo
Dunque, attraverso questa sentenza il Tribunale di Varese legittima a tutti gli effetti l’oscurantismo verso i post di stampo “no vax”, con buona pace di chi, a ragion veduta, espone i propri dubbi ed il proprio scetticismo verso un siero che, alla luce delle ultime evidenze scientifiche, risulta essere più dannoso che utile per buona parte delle fasce d’età a cui è stato incautamente somministrato. Ne consegue che Facebook, legittimato da un Tribunale italiano, può decidere in autonomia quali e quante informazioni far circolare su un dato argomento.
(Continua a leggere dopo la foto)
La censura non guarda in faccia a nessuno
La questione si sviluppa su un quesito molto preciso: può Facebook, coadiuvato da una schiera di autoproclamatisi fact-checkers, decidere cosa rientra nella “disinformazione” e cosa no? Proprio sul delicato argomento “vaccini”, infatti, è bene sottolineare come il famoso social network abbia tacciato di disinformazione un gran numero di scienziati, medici e premi Nobel, rei di non aver abbracciato il sacro culto del vaccinismo incondizionato. In tale contesto, la sentenza del Tribunale di Varese sembra avvicinarsi molto ai proclami del “Ministero della Verità” di orwelliana memoria. Non proprio un passaggio rassicurante per chi tiene ai principi fondamentali della nostra vituperata Costituzione.
Potrebbe interessarti anche: “Leali a Draghi”. Le incredibili dichiarazioni del braccio destro della Meloni. Scoppia la polemica