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Censura online, ecco come bloccheranno le opinioni dissenzienti, a iniziare da quelle “pro Putin”

Pubblicato il 04/07/2022 18:41

Nell’ultimo Data Room di Milena Gabanelli si è cercato di fare luce su come la propaganda russa arrivi in Italia attraverso il web, esponendo quelle che, di fatto, sarebbero delle vere e proprie misure repressive messe in campo per limitare il fenomeno. I risvolti di tali azioni, però, sono molteplici e non tutti necessariamente finalizzati al contrasto ideologico e pratico della disinformazione. Alcuni di essi infatti, assumono le sembianze di una vera e propria censura online.
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Disinformazione e censura online

Il problema della “disinformazione” continua a tenere banco sia nelle alte sfere governative, che in quelle europee. La perenne lotta alle “fake news” assume sempre più i tratti di una vera e propria guerra mediatica. Il tema però resta sempre molto spinoso in quanto, come ben sappiamo, non sempre ciò che viene marchiato col bollino della “fake news” lo è veramente. Il nodo sta proprio nel capire se chi viene legittimato nel decidere cosa sia o meno un articolo di disinformazione sia effettivamente super partes. Gli autoproclamatisi “fact checkers”, a volte, si sono rivelati i primi bufalari, in pieno conflitto di interessa a causa dei legami dei loro editori.
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L’esempio portato dalla Gabanelli

Come riportato dall’articolo della Gabanelli, da febbraio 2022 a fine maggio, contemporaneamente all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, News-Front.info, che pubblica i contenuti in 11 lingue, ha avuto 26,5 milioni di visualizzazioni. La fascia più numerosa di lettori è quella compresa tra il 25-34 anni (20,95%). I collaboratori di News-Front.info lavorano anche per Anna-news.info, altro sito del medesimo fondatore, che ha la sede principale a Mosca e pubblica in russo, inglese, tedesco, francese e spagnolo. Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, rifacendosi alla decisione del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale, ha firmato un decreto sull’«applicazione di misure economiche speciali personali e altre misure restrittive» contro Anna-news. Molti altri i siti collegati ai suddetti, come Summurynews.com e Realbomb.info, attivi fino a inizio 2021.

Una rete di siti volti a fare disinformazione

In buona sostanza si analizza una intricata rete di siti mirror che ripubblicherebbero in varie lingue, compreso l’italiano, le “fake news” lanciate dal sito “madre”. Tra questi figurerebbero il dominio Controinformazione.info e una lunga lista di altri siti a lui connessi. Controinformazione.info da marzo a fine maggio ha avuto quasi 1,3 milioni di visualizzazioni. A partire dal 24 febbraio il sito ha tradotto da News-Front.info ben 32 articoli, rimbalzati a loro volta su altri 30 siti. Sempre da marzo a maggio, lapekoranera.it ha contato 1,65 milioni di visualizzazioni. Complessivamente, i siti italiani su cui sono state ripubblicate notizie dell’agenzia diretta dal capo del partito russo Rodina, hanno realizzato oltre 18 milioni di visualizzazioni in tre mesi. Molteplici condivisioni su social come Twitter e Nitter (social contro la censura simile a Twitter), hanno contribuito a dare ampia eco ai pezzi “disinformativi”.

Le misure repressive contro le fake news

Ora, benché nei Paesi democratici ognuno potrebbe, in linea teorica, pubblicare ciò che crede, v’è particolare attenzione da parte delle Istituzioni nell'”educare” il lettore sull’opportunità di capire o credere al meglio a ciò che si apre quando si clicca su un sito di informazione. E qui arriva il punto. Il 16 giugno a Bruxelles è stato presentato il nuovo Codice di buone pratiche, con il quale i motori di ricerca e le piattaforme dovrebbero tutelare i loro utenti dalla disinformazione. In buona sostanza, i provider dovrebbe contrassegnare con una spunta verde il sito affidabile e con un punto esclamativo in rosso quelli, secondo loro, non affidabili. Ma non solo. Si dovrebbero elencare anche tutte le informazioni relative agli indicatori specifici: attendibilità delle fonti, distinzione fra fatti e opinioni, se vengono ripetutamente pubblicate notizie false o titoli ingannevoli, chi finanzia il sito.

La censura online si cela dietro la lotta alle fake news

Dunque, sebbene in linea teorica questo modus operandi possa avere anche dei risvolti positivi, ecco che le domande sorgono spontanee sulla bontà di quelle valutazioni che decideranno chi sia o meno il detentore della sacra verità. Sulla scia di quanto potuto osservare sui temi covid e vaccini, i principali siti di ricerca e le principali piattaforme social dovranno adempiere al ruolo di controllori di ciò che viene detto e scritto, seguendo dei crismi ben precisi e, plausibilmente, andando a penalizzare quelle pagine, quei siti e quei giornalisti che potrebbero esprimersi contro i dettami di una narrazione prestabilita. Benché alcune volte i collegamenti con fonti di regime siano evidenti, infatti, è chiaro come, altre volte, a farne le spese saranno i liberi divulgatori di informazione, poiché verranno bollati arbitrariamente di essere null’altro che meri produttori di fake news fino a prova contraria. Un po’ quello che hanno provato sulla loro pelle le migliaia di utenti Facebook e Youtube che, fino ad oggi, hanno subito richiami e ban per aver osato criticare il pensiero unico imposto dall’alto, pur avendo citato fonti ufficiali esterne più che autorevoli nei loro post.

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