Tutti sul carro di Draghi, e di corsa, onde evitare di correre il rischio di finire tagliati fuori dal governissimo che sta per nascere e che comprenderà un po’ tutti, da Berlusconi ai Cinque Stelle. Seguendo un copione tristemente prevedibile, l’ex presidente della Bce sta pian piano incassando gli endorsement di esponenti di punta di quasi tutti i partiti, lui che fu protagonista di quella disgraziata stagione di privatizzazioni selvagge che finirono per svendere l’Italia. Acqua passata, nessuno sembra ricordarsene più. Anzi, persino chi si muoveva in passato su posizioni euroscettiche oggi tende la mano a uno dei simboli della Troika per eccellenza. Come il leghista Alberto Bagnai.
Storicamente tra i più critici nei confronti dell’euro all’interno del Carroccio, Bagnai si è affrettato infatti in queste ore a innestare la retromarcia e cambiare rapidamente direzione. Rilasciando un’intervista a La Stampa nella quale ha invitato a “dialogare con Draghi” e recitato il mea culpa per le critiche rivolte in passato all’ex governatore della Bce: “Sulle sue scelte e soprattutto sulle sue analisi di politica economica non ho mai trovato nulla da obiettare”.
Bagnai ha poi sottolineato come l’avvento di Mario Draghi a Palazzo Chigi fosse uno scenario “ampiamente prevedibile” già nei mesi scorsi, prima che detonasse la crisi giallorossa. E sul sostegno a un suo governo ha chiarito: “Da parte nostra non ci sono preclusioni, pregiudizi sul nome, ma desideriamo che ci sia consentito di portare avanti alcuni progetti, a partire dal ripristino della legalità costituzionale. Basta con la stagione dei Dpcm. Credo che Draghi, uomo delle istituzioni, ci sostenga in questa esigenza”.
Ben venga Draghi, dunque, personalità adatta a centrare una serie di obiettivi come “la messa in sicurezza dei ristoratori, il piano vaccinale e la gestione degli aiuti europei contenuti nel Recovery Plan”. Con Bagnai a sottolineare come sì, in passato “l’ho criticato sulle banche, ma è un pragmatico, come noi”. Pace fatta, avanti insieme lungo lo stesso cammino. Quello tracciato per l’Italia da Bruxelles, che si gode in questi giorno la genesi di un esecutivo totalmente asservito ai suoi diktat.
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