L’ultimo Dpcm di Conte, in attesa di capire se il premier sopravviverà o meno alla crisi di governo aperta da Matteo Renzi, rischia di passare alla storia come l’ennesima mazzata alle famiglie italiane già messe in ginocchio dalla crisi economica figlia della pandemia di coronavirus. Si va, infatti, verso la conferma di quanto già ipotizzato in queste ore, dalla chiusura degli impianti da sci fino al 15 febbraio, con danni enormi per tutto il settore, alla conferma dello stop fino al 5 marzo per palestre, piscine, cinema e teatri.
Tra i nemici giurati di questo governo sembrano però esserci soprattutto i ristoratori, tra i più colpiti fin dall’inizio dell’emergenza. Gli aiuti non arrivano, e se lo fanno sono miseri. In compenso, le strette si susseguono: probabile il divieto di asporto per bar, ristoranti e winebar dopo le 18, con l’attività limitata dunque alle sole consegne a domicilio. Il tutto nonostante le richieste precise fatte al ministro della Salute Speranza da parte delle Regioni: “Non colpite ulteriormente la categoria”. Un appello destinato a cadere nel vuoto.
Sul fronte sciistico, difficile immaginare quanti operatori decideranno, una volta arrivati finalmente alle tanto agognate riaperture, investire sugli impianti dopo un’intera stagione buttata al vento, con le piste chiuse e le casse vuote. Non dovrebbe più esserci obbligo di quarantena per chi è al rientro dall’estero, probabile che resti però in vigore quello di esibire un test antigenico almeno 48 ore prima della partenza. La ripresa delle lezioni dovrebbe garantita in presenza “almeno al 50% degli studenti”, fino a un massimo del 75% di alunni in aula.
Tutta da decifrare, ancora, la nuova mappa delle Regioni, anche se pare confermato che basterà un indice Rt a 1 e “a rischio alto” per finire in fascia arancione, quella che prevede tra l’altro l’obbligo di chiusura per bar e ristoranti. Domenica, più di mezza Italia rischia di andare incontro proprio a questo destino, con i ristoratori che, stremati, hanno indetto per il 15 gennaio una protesta al grido di “Io apro”: restare aperti, sfidando i divieti, per far capire al governo che così non si può più andare avanti.
Ti potrebbe interessare anche: Baci, sesso e bombole del gas. Da Cotticelli a Zuccatelli. Dalla padella alla brace