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L’Agi mette in mutande il governo: “Ci negano i documenti sulla mancata zona rossa”

Pubblicato il 17/07/2021 10:04

“I cittadini non possono sapere sulla base di quali atti 400 uomini e donne, tra carabinieri, polizia, guardia di finanza ed esercito, vennero inviati in Val Seriana il 5 marzo 2020 e poi ritirati 3 giorni dopo, determinando così la mancata ‘zona rossa’ in anticipo sul lockdown nazionale che potrebbe avere contribuito a fare di questo territorio in provincia di Bergamo uno dei focolai Covid più micidiali al mondo”. È questa la pesante denuncia dell’Agi dopo il fallimento di un complesso iter di accesso agli atti cominciato quasi un anno fa e negato dal Ministero dell’Interno. (Continua a leggere dopo la foto)

Come si legge sul sito dell’Agi, “lo ha deciso il Consiglio di Stato accogliendo il ricorso del Ministero di sospendere la decisione presa all’inizio di giugno dal Tar che aveva invece ordinato di renderli pubblici entro 30 giorni perché non ci sarebbero state “ragioni di sicurezza o militari” a impedirlo. E nemmeno ragioni di segretezza giudiziaria perché il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani, chiamato a esprimersi dal Tar sul punto, ha scritto che divulgare i documenti non rovinerebbe le indagini”. (Continua a leggere dopo la foto)

Il primo ‘no’ del Ministero all’Agi era arrivato il 6 novembre dello scorso anno. Si negavano “gli atti inerenti l’impiego e il ritiro dei militari nelle zone dei Comuni di Nembro e Alzano” richiamandosi alle “cause di esclusione” previste dalla legge cioè “la sicurezza e l’ordine pubblico”, la “sicurezza nazionale”, “la difesa e le questioni militari”, “la conduzione dei reati e il loro perseguimento”. Il Tar, a cui l’Agi si era rivolta attraverso un ricorso scritto dall’avvocato Gianluca Castagnino, ha respinto la tesi del Ministero sottolineando che l’accesso civico “è finalizzato a favorire forme di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”. (Continua a leggere dopo la foto)

La stessa Procura, però, ha detto che non sono atti coperti da segreto. “Si tratta dell’ennesimo e inaccettabile tentativo di insabbiare la verità su quanto successo nella bergamasca più di un anno fa. La strage di Bergamo non sarà un’altra Ustica né una delle altre stragi italiane finite con un nulla di fatto. In Italia ci sono stati più di 120 mila morti ufficiali. Che la politica si prodighi a fare in modo che alcuni documenti non vengano messi a disposizione dei cittadini, evidentemente la dice lunga sulle responsabilità di molti”. Così Consuelo Locati, la legale che guida il pool di avvocati impegnati nella causa civile contro Governo e Regione Lombardia per conto di 500 familiari, commenta il ricorso vinto dal Ministero dell’Interno davanti al Consiglio di Stato.

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