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50milioni di notifiche! Il delirio fiscale del governo sta per colpire. Ma molte sono ingiuste

Pubblicato il 05/06/2022 14:13

È in atto l’operazione di recupero crediti da parte di Entrate e Riscossione. Nel bel mezzo della crisi dei prezzi sul caro energetico e dei carburanti, ecco che lo Stato esige la riscossione delle imposte bloccate per via del covid, elargendo notifiche di cartelle esattoriali a profusione per gli anni 2020, il 2021 e per quello in corso, molte delle quali non sono nemmeno accertate.
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20mln di notifiche finora, 50mln entro fine anno

L’Agenzia delle Entrate e della Riscossione sta consumando interi pacchi di toner per stampare e notificare quegli atti riguardanti il 2020 ed il 2021, che vennero bloccati per l’emergenza Covid. Come se non bastasse, ai crediti arretrati si stanno sommando anche le notifiche relative all’anno in corso. Sono 20 milioni gli atti notificati nella prima metà del 2022. Nello specifico si tratta di 15 milioni della Riscossione e 5 milioni da parte delle Entrate. Con tale velocità, si stima che a fine anno le notifiche dovrebbero essere circa 50 milioni. Come riportato da Il Sole 24 Ore, il numero è stato comunicato direttamente da Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate. Secondo l’Agenzia è necessario oggi riprendere la strada della normalità, lasciando le notifiche degli atti nelle cassette postali dei contribuenti con debiti o irregolarità. In parallelo, si pone anche l’urgenza di apprestare i servizi relativi alla gestione delle contestazioni di quanti hanno ricevuto le lettere. Ove il legislatore dovesse stabilire nuove rateizzazioni, Ruffini dichiara che «Siamo pronti ad applicare ciò che dice la legge».
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Il nodo evasione fiscale

Per quanto concerne l’evasione fiscale, anche le responsabilità e l’inefficienza dello Stato risultano evidenti. Soltanto ieri Ruffini ha rilasciato dichiarazioni che hanno fatto discutere: «In Italia ci sono 19 milioni di evasori, lasciamoli lavorare affinché ripaghino il debito». Dunque, la concezione dell’Erario sarebbe non quella di contribuenti che creano ricchezza in cambio di servizi ma sudditi, servi
della gleba che lavorano per alimentare il buco nero della spesa pubblica, come osservato da Il Giornale. Ruffini batte sulla necessità che il legislatore appronti strumenti adeguati per l’amministrazione finanziaria: «Contro l’evasione, che si mantiene alta nonostante qualche segnale di riduzione, non basta la capacità di accertamento, ma occorre anche la capacità di riscossione», evidenzia il direttore delle Entrate. Il tema è delicato e Ruffini si lascia andare ad un’anticipazione sul dialogo con il Garante a proposito di tutela della privacy. Il tema è quello di utilizzare i dati dei contribuenti per modelli capaci di misurare il rischio fiscale. Con tutta probabilità, il nuovo strumento arriverà nell’arco di quest’estate, facendo compiere un passo avanti nella lotta all’evasione attraverso l’incrocio di dati sensibili.
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L’iniquità del Fisco italiano

Sarebbe il caso di far presente, però, che da 157 giorni, come ricorda la Cgia di Mestre, gli italiani stanno lavorano per ottemperare a tutti gli adempimenti fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, eccetera). Solo da domani scatta il cosiddetto Tax freedom day, lavorando quindi per noi stessi. Quando Ruffini dice che gli evasori li conosce tutti, non mente. Il 90% delle cartelle esattoriali arriva a soggetti ben noti al fisco: dipendenti, partite Iva, professionisti, persone che hanno dichiarato regolarmente le imposte da versare, non riuscendo però ad onorarle. Ma al Fisco non interessa. Costoro, infatti, si sono visti nuovamente sommersi da una pioggia di cartelle ultimative, con buona pace di chi ha sofferto le scellerate decisioni del governo durante la pandemia e, nondimeno, i nefasti effetti di assurde sanzioni che hanno distrutto in primis chi le ha applicate, piuttosto che chi le ha ricevute.
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I veri evasori non ricevono notifiche

D’altro lato «gli evasori non risulteranno quasi mai destinatari di cartelle», dice a Il Giornale il commercialista Gianluca Timpone, il quale sottolinea come l’Erario abbia elaborato un algoritmo predittivo che incrocia le 136 banche dati disponibili. Peccato che così si lasci impunito chi riesce ad eludere le banche dati del Fisco, ovvero tutta quella platea di nullatenenti, società con prestanomi, eccetera. «L’evasore non transita nelle banche dati perché non presenta nessun modello dichiarativo, né dichiarazione dei redditi né dichiarazioni Iva né fatture elettroniche». L’inefficienza dello Stato, dunque, viene pagata da quei cittadini che il loro lo fanno. Per trovare i veri evasori, infatti, servirebbero più accertamenti analitici sul campo. Peccato che l’Agenzia abbia soltanto 30mila dipendenti a controllare circa 38 milioni di contribuenti. Ognuno ha a carico 1.270 contribuenti, ma con tempi medi di accertamento superiori a 60 giorni, un dipendente può verificare due, tre aziende all’anno. Ci sono cartelle esattoriali per un controvalore di mille e cento miliardi. Ma soltanto una piccola percentuale si può effettivamente riscuotere.
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Un sistema inefficiente

Un’altra questione si pone sulla gestione degli stessi funzionari dell’Agenzia delle Entrate, che difficilmente mollano la presa sui malcapitati cittadini, dato che la loro valutazione non si basa sulle imposte riscosse ma su quelle accertate. I numeri parlano chiaro: 80 i miliardi di evasione accertata, 10 quelli recuperati. Secondo Timpone «Non è detto che un contribuente abbia effettivamente violato una norma, ad interpretarla (male) a volte è la stessa Agenzia nonostante la prassi e la giurisprudenza sia di parere contrario». A volte, quindi, il contribuente viene condannato semplicemente per errori formali di norme processuali. «Ma nel frattempo il contribuente deve anticipare un terzo delle imposte presuntamente evase», aggiunge il commercialista. Inoltre, colmo dei colmi, se Cassazione dà ragione al contribuente sapete chi paga? La fiscalità generale, quindi noi.

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