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Ci nutriamo di microplastiche. Gli inquietanti studi scientifici e gli effetti sulla salute (il VIDEO)

Pubblicato il 04/01/2023 19:55 - Aggiornato il 05/01/2023 09:44

L’intera catena alimentare di cui siamo i fruitori finali rischia di essere compromessa dalle microplastiche. Ci siamo già occupati delle microplastiche, ma ora dobbiamo citare uno studio, condotto dai ricercatori della California State University, conferma tale allarmante (e prevedibile) deduzione. In particolare, ci si è indirizzati all’analisi di ciò che quotidianamente ingeriscono le balenottere azzurre e le megattere. In sostanza, se le balene mangiano le microplastiche, allora anche l’essere umano se ne nutre. Ovvero, per dirla meglio, le microplastiche ritrovate negli stomaci di questi cetacei, nel 99% dei casi, provengono da pesci di piccole e medie dimensioni, come sardine e acciughe, gli stessi di cui anche l’essere umano si ciba. Lo studio – illustrato nel video che troverete in basso, a cura di professore Leonardo Durante, Ambassador Global Teacher Prize, per Sanità Informazione – è stato pubblicato sulla rinomata rivista scientifica Nature Communications e restituisce un’immagine attendibile dell’inquinamento dei nostri mari. “I numeri relativi alla presenza di microplastiche nella acque marine sono impressionanti”, commenta il professore Leonardo Durante. I nostri mari ed i nostri oceani sono letteralmente inzuppati dalla plastica, ingrediente che, nonostante la sua accertata tossicità, è entrato a far parte della catena alimentare. Per microplastiche intendiamo i minuscoli pezzettini di materiale plastico, particelle solitamente inferiori ai 5 millimetri. Sono così piccole che praticamente si infilano ovunque e le ritroviamo in ogni parte del mondo, anche sui fondali oceanici, sulle calotte artiche/antartiche, dalle spiagge ai ghiacciai alpini, negli animali, nei vegetali, nei fiumi, nei laghi e nel terreno. Nella fascia superficiale degli oceani e dei mari di tutto il mondo è stata stimata la presenza di quasi 25 trilioni di frammenti di microplastiche. Sono dati sconcertanti. (Continua a leggere dopo il VIDEO)

Ma vediamo come si è concretizzato il metodo di ricerca dell’ateneo californiano: i ricercatori non si sono limitati ad accertare la presenza delle microplastiche nell’apparato digerente delle balenottere azzurre, ma ne hanno misurato i precisi quantitativi. “Per accertarlo – spiega ancora Leonardo Durante – il team di ricerca ha posizionato dei dispositivi elettronici in grado di monitorare gli spostamenti su 191 cetacei al largo della costa della California. È stato osservato che le balene si nutrono principalmente a profondità comprese tra 50 e 250 metri”, precisamente la stessa in cui è localizzata la più grande concentrazione di microplastiche. I cetacei si nutrono di pesci di piccole e medie dimensioni che, a loro volta, mangiano questi piccolissimi frammenti di plastica. Inoltre, “anche se da questo preciso istante nessuno, in alcuna parte del mondo, gettasse rifiuti di plastica in mare”, spiega ancora il professor Durante, dovremmo comunque attendere “almeno mezzo secolo” per eliminare tutti i frammenti già presenti nelle acque. Ora i ricercatori potranno concentrarsi sui danni che provoca alla salute dell’essere umano l’ingestione di microplastiche o loro frammenti. Viaggiando nel corpo umano attraverso il sangue e depositandosi negli organi, in tutta evidenza le ricadute per la salute umana potrebbero essere importanti. (Continua a leggere dopo la foto)

Microplastiche entrano catena alimentare pesci

Ma non è tutto: le microplastiche, infatti, sono molto comuni anche nei fertilizzanti che spargiamo sui nostri campi agricoli. Nel 2022, un’analisi dell’Environmental Working Group, ha rilevato che i fanghi di depurazione hanno contaminato quasi 20 milioni di acri (80.937 chilometri quadri) di terreno coltivato negli Stati Uniti, con sostanze perfluoroalchiliche o PFAS (acronimo inglese per PerFluorinated Alkylated Substances), che si trovano comunemente nei prodotti in plastica e non si decompongono in condizioni ambientali normali. A causa di questo, i terreni agricoli europei potrebbero essere il più grande serbatoio globale di microplastiche: secondo uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Cardiff, è possibile che nei campi coltivati del continente siano sversate ogni anno tra 31.000 e 42.000 tonnellate di microplastiche, o da 86 a 710 trilioni di microplastiche, che vanno poi a contaminare il nostro cibo. Tracce diffuse di microplastiche sono state ritrovate anche in campi agricoli trattati con questi fertilizzanti quasi 35 anni fa. Segno che le particelle resistono facilmente al passare del tempo. Quest’ultima scoperta è da attribuire ai ricercatori dell’Università dell’Ontario, in Canada.

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