In politica ad un certo punto le chiacchiere stanno a zero. E quello che conta sono i numeri. Arrivano notizie positive dal mondo del lavoro e a certificare il tutto non sono fantomatici organi di regime, ma i dati Inps. Nei primi cinque mesi del 2019 la variazione netta dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, risultato della somma di assunzioni e trasformazioni meno le cessazioni, è stata positiva per 328.044 contratti, con un incremento del 113,8% su base annua.
Si conferma dunque il boom delle trasformazioni da contratto a termine a indeterminato. È innegabile dunque che dall’entrata in vigore del decreto Dignità le cose hanno cominciato a cambiare, in meglio. Per le proroghe e i rinnovi le trasformazioni sono passate dalle 199mila dei primi cinque mesi dello scorso anno a 324mila (+62,6%).
In cinque mesi le assunzioni totali nel privato sono state 3.005.000 a fronte di 2.311.495 cessazioni. Calano da 2,48 a 2,3 milioni i contratti cessati. L’Inps sostanzialmente sta certificando quella che è la vera anima del Decreto Dignità: l’inversione di tendenza fra l’andamento dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato e quello dei rapporti a tempo determinato.
Si legge nel rapporto: “Il saldo annualizzato dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato è passato da -30mila di maggio 2018 a +365.000 di maggio 2019, quello dei rapporti a tempo determinato è passato da +304.000 di maggio 2018 a -157.000 di maggio 2019”.
Tra gennaio e maggio sono stati incentivati 50.463 rapporti di lavoro con i benefici previsti dall’esonero triennale per chi assume a tempo indeterminato giovani under 30. Il numero è in diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-5%). Il numero dei rapporti incentivati è pari al 5,3% del totale dei rapporti a tempo indeterminato attivati.
Soddisfatti? Sì, ma sicuramente c’è da fare ancora molto. E la direzione è quella giusta.
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