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Salvare le piccole imprese è un dovere costituzionale: ecco come farlo

Pubblicato il 08/05/2020 08:51 - Aggiornato il 08/05/2020 13:49

Pietro Salemi e Alessio Costa, due imprenditori della Sicilia, assieme ad avvocati e ad altri imprenditori del settore della ristorazione hanno stilato un documento all’interno del quale lanciano delle proposte per soccorrere le piccole e medie imprese. Di seguito il testo inviatoci da loro che riporta i punti fondamentali.

” Le piccole e medie imprese impiegano in Italia più della metà degli occupati e sono quelle che pagheranno di più gli effetti del lockdown. In quelle che operano nei settori più colpiti, come il commercio, la ristorazione e l’intrattenimento, lavora un quinto di tutti i lavoratori italiani. La chiusura prima e le necessarie precauzioni imposte durante la fase delle riaperture mettono a rischio la loro sopravvivenza, oltre che i redditi di milioni di lavoratori. La Costituzione italiana impone di intervenire e lo fa dando anche un ordine di priorità: al primo posto il lavoro. Solo dopo vengono tutte le altre forme di guadagno, che rimangono comunque subordinate al progresso della società. Per questo noi imprenditori e avvocati palermitani abbiamo messo nero su bianco delle proposte concrete su come salvare quest’enorme tessuto economico e sociale, con un particolare occhio di riguardo anche alle autorevoli voci dei Padri Costituenti.

Calmiere sull’affitto di immobili commerciali

Nel documento tra le principali proposte vi è quella di ridurre il canone dei contratti d’affitto degli immobili commerciali già in essere: quest’ultimo dovrebbe essere ridotto a un terzo. Se un ristorante paga 3.000 euro per l’affitto dei locali, ora dovrebbe pagarne solo mille. La differenza sarebbe a metà a carico dello Stato (sotto forma di credito d’imposta), il resto del locatore proprietario dell’immobile. La calmierazione dovrebbe durare per un tempo ragionevole e sufficiente a superare la crisi (almeno fino a dicembre 2020).

Un contributo di sostegno al reddito

Urge integrare i redditi dei lavoratori che nella fase delle riaperture potrebbero verosimilmente vedersi ridurre l’orario di lavoro e, di conseguenza, il reddito. Per questo nel documento si propone un sostegno al reddito che lo riporti almeno alla soglia della Cassa integrazione in deroga. Ad esempio, se un lavoratore durante il lockdown percepiva 1.000 euro di CIG e adesso, con l’orario ridotto, ne riceverà 600, lo Stato dovrebbe coprire i 400 euro restanti. Il contributo di sostegno erogato dallo Stato dovrebbe in ogni caso garantire che nessun reddito scenda al di sotto della soglia di 800 €, che diverrebbe una sorta di reddito minimo garantito d’emergenza, al fine di impedire lo scivolamento verso la povertà di tanti, troppi lavoratori e famiglia.

Stanziamenti a fondo perduto per le PMI

I finanziamenti alle Pmi devono necessariamente prevedere una quota – almeno un terzo dell’importo – erogata dallo Stato a fondo perduto, cioè che non va restituita. La restante parte del finanziamento andrebbe restituita a interessi zero. Propongono inoltre l’azzeramento di ogni eventuale costo di istruttoria.

Tra le altre proposte c’è anche l’estensione su tutta la Penisola della sospensione delle tasse sull’utilizzo del suolo pubblico per bar e ristoranti (già approvata dalla finanziaria siciliana); e infine la previsione di una chiusura tutelata per impossibilità a far rispettare le norme anti-contagio. Una chiusura incolpevole che, una volta accertata dall’autorità incaricata, dovrebbe permettere un “congelamento” dell’attività e della sua situazione economica per tutta la durata dell’emergenza, evitando così il rischio di fallimento altrimenti inevitabile.

Nel documento si rimanda poi ad altre misure attuabili, come il blocco dei protesti e delle segnalazioni al CAI per assegni rilasciati prima del lockdown; la sospensione degli sfratti per morosità su immobili a uso commerciale; l’introduzione di stanziamenti a fondo perduto o di rimborsi Statali (in forma di crediti d’imposta) su tutti i dispositivi di protezione anti-contagio acquistati dalle PMI; la previsione di una moratoria fiscale sulle scadenze fiscali di giugno.

Più in generale, il documento ha il merito di mettere in luce come il problema non sia quello di accelerare il più possibile le riaperture di queste attività, magari accantonando la tutela della salute pubblica, bensì quello di mettere tali imprese nelle condizioni economiche di poter riaprire senza con ciò condannarsi al fallimento o alla perdita drammatica dei livelli occupazionali. “