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LETTERA AL PRESIDENTE CONTE: L’AMORE DELLE BANCHE E LA CARESTIA

Pubblicato il 07/05/2020 14:42 - Aggiornato il 07/05/2020 17:02

di BIAGIO RICCIO.

Caro Presidente del Consiglio dei Ministri prof. Giuseppe Conte,

Lei recentemente ha chiesto alle nostre banche di essere più generose, di accantonare pastoie burocratiche catafratte, di  slegare lacci e laccioli, di mitigare il controllo sul merito creditizio e di aprire i cordoni per la concessione di prestiti e di fidi.

Le nostre banche ha invocato devono carezzevolmente agire, con amore. Ma così non è: il drago – la banca – dimena la coda acuminata e poderosa; ha fauci che vomitano e sputano fuoco violento e devastante.

Sono capaci di:

  • 1-mangiarsi vivo il risparmiatore;
  • 2-agiscono come usurai criminali;
  • 3-chiedono e pretendono fideiussioni sproporzionate;
  • 4-accendono ipoteche per mutui che non elargiscono  realmente ai correntisti, ma che utilizzano per il ripianamento di pregresse esposizioni dei medesimi.
  • 5-comprano all’asta,mediante agenzie interne debitamente autorizzate, beni sui quali avevano acceso la propria garanzia, dopo che l’asset, tuttavia, sia stato considerevolmente deprezzato per rivenderlo-successivamente -tre volte al prezzo di realizzo.

In caso di epidemia e di economia di guerra se rispettassero la Costituzione, dovrebbero collaborare con lo Stato, per concedere fidi a fondo perduto, come avvenne nel secondo dopoguerra.

Si rimembri, Presidente chiarissimo,l’art. 47 e 41 della Carta Costituzionale, il piano Marshall ricordato da Gian Antonio Stella sul “Corriere della Sera” del 5/5/2020. Si legge: “L’Italia fotografata dalla Commissione parlamentare sulla miseria del 1951, quando già andava un po’ meglio rispetto all’immediato dopoguerra, aveva una famiglia su tredici che non consumava mai (mai: neppure una volta l’anno) zucchero, vino e carne“. Ed intervenne in aiuto a fondo perduto con tonnellate di cibarie trasportare con navi e treni, ”sorella America”, con grano, farina, olio, pasta, chewing-gum e cioccolata.

Oggi, come nel secondo dopoguerra, si ingrossano le file alla Caritas per avere una ciotola di riso o un pezzo di pane.

Le nostre banche  con i prestiti che il decreto di liquidità ha messo a disposizione, o non lo elargiscono affatto o fanno collusione con il beneficiario. Per esempio per la somma di 25 mila euro, che dovrebbero assicurare  ai richiedenti senza un oculato controllo per il merito creditizio, pretendono garanzie non previste dalla norma:dovrebbe intervenire lo Stato con la sua SACE ed in caso di insolvenza del correntista, sarà lo Stato stesso ad agire per il recupero forzoso con l’Ente di riscossione Equitalia. Il che avverrà con cartella esattoriale contro l’inadempiente per il medesimo importo del prestito-25 mila euro- più sanzioni ed interessi.

Eppure i 25 mila euro non vengono concessi. Le banche irragionevolmente fanno largo utilizzo del merito creditizio, schermo e scudo che si pone per esempio contro il correntista segnalato alla centrale rischi- di solito piccoli imprenditori, bottegai, artigiani- affinché non ne sia indicato come fruitore.

Ed allora i soldi non arrivano sul conto di questi poveri cristi che saranno schiacciati come scarafaggi sotto il calcagno del Drago-Banca, falliranno e per tutta la vita saranno debitori: le fideiussioni prestate saranno escusse rapidamente e perderanno anche la propria casa che sarà venduta all’asta.

Se invece, nonostante il merito creditizio negativo, dovessero ottenere tale somma, quest’ultima non sarà utilizzata dall’imprenditore per la ripresa della sua attività e per la redditività da conseguire, ma con intento collusivo e frodatorio ordito di concerto con la Banca, potrà servire per il ripianamento delle sue esposizione pregresse: ed addio ripresa di consumi, volano per rituffarsi nell’agone del circuito produttivo: balle ed impudente menzogna.

Analogamente lo Stato garantisce anche per il prestito di 300 mila euro; in questo caso il medesimo andrebbe restituito in sei anni.

Si è amaramente constatato: ma come è possibile restituire in sei anni una somma ingente, se non si ha contezza, dopo un blocco di mesi che ha paralizzato ogni attività produttiva, come sarà la ripresa economica per un’epidemia non ancora debellata? Non poteva lo Stato allungare i tempi di restituzione con un rateizzo considerevolmente più lungo?

Caro Presidente Conte, faccia come Roosevelt  durante il New Deal del 1929, fustighi le banche, rimproveri questi famelici banchieri-forse neppure italiani- e metta un freno, si preoccupi di irrogare sanzioni coinvolgendo Banca di Italia ed il Ministero del Tesoro, se si dovesse appurare che gli Istituti di credito non concedono prestito, seppure garantito dallo Stato. Le banche non perdono nulla.

Non agiscono con amore le banche, sono anafettive, ciniche ed hanno il cuore di pietra. Il Drago mangia le creature: i poveri risparmiatori ed imprenditori senza un obolo. Questa è l’amara verità, Presidente Conte. La carestia è alle porte e Lei non se ne è ancora accorto.