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Le spese pazze della Commissione Ue: 462 milioni in 3 anni solo per delle consulenze

Pubblicato il 02/04/2021 10:27

A fare i conti in tasca all’Ue, di questi tempi, c’è da rimanere spiacevolmente sorpresi. Soprattutto nell’accorgersi del fatto che una delle principali istituzioni di quell’Unione che predica rigore e riduzione delle spese, la Commissione Europea, ha pagato prezzi faraonici per delle commissioni affidate alle “Big 4”, le 4 principali società che operano nel settore e che nascondono più di qualche scheletro nell’armadio. Pensare, per esempio, a Pwc, azienda incaricata di aiutare il Belgio nella redazione della riforma fiscale e che però ha anche suggerito a 340 multinazionali delle dritte utili a pagare meno tasse.

Una situazione più che imbarazzante, tale da spingere 73 europarlamentari a firmare una lettera indirizzata alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e al vice presidente esecutivo Valdis Dombrovskis esprimendo “preoccupazione” per le notizie pubblicate da Euractiv.com, il primo a sollevare questo polverone. Nel mirino il programma per il sostegno alle riforme strutturali lanciato nel 2017: in sostanza, un tesoretto stanziato per fornire agli Stati, tramite aziende specializzate, un aiuto tecnico nella progettazione delle riforme strutturali. La spesa messa in conto per raggiungere lo scopo è schizzata in pochi anni dai 22 milioni di euro del 2017 agli 85 milioni del 2020 ed è stata assorbita principalmente da sole quattro firme delle consulenze internazionali.

Un meccanismo che ha già sollevato più di qualche interrogativo sull’opportunità di indirizzare tanti soldi verso sole 4 aziende e su un possibile conflitto di interessi in materie come lavoro, sanità e fisco. La stessa Corte dei Conti dell’Ue si è mostrata preoccupata, annunciando un rapporto in arrivo per l’inizio del prossimo anno. Il presidente del gruppo dei Verdi all’Europarlamento, Philippe Lambert, ha invece apertamente parlato dei rischi corsi nell’affidare scelte fondamentali per i Paesi coinvolti a “laureati delle business school, la cui formazione è in gran parte guidata dal credo neo liberista che poi si è rivelato sbagliato”.

C’è inoltre il problema del conflitto di interessi. Queste grandi società di consulenze hanno anche, ovviamente, grandi privati come clienti. Ai quali sicuramente interessano, e parecchio, le informazioni raccolte dai Big 4 durante il lavoro spalla a spalla con i governi dei Paesi in cui le aziende andranno poi a operare. Conoscere in anticipo gli orientamenti di un esecutivo può portare vantaggi fondamentali a un’impresa, rispetto alle concorrenti. Da qui la richiesta dei parlamentari alla Commissione di “interventi incisivi per evitare un’indebita influenza delle società di consulenza nelle progettazioni delle riforme strutturali” degli Stati membri. A riprova di un’Unione che non fa certo della trasparenza il suo tratto caratteristico.

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