Di Vincenzo Imperatore
Ritorna la crisi politica, l’incertezza dei mercati e la paura del futuro e ricompare nell’immaginario collettivo lo spettro dello spread. La parolina magica che tutti utilizzano come “mostro” per creare terrore psicologico ma che nessuno spiega al cittadino. In questi giorni l’edicolante sotto casa mi fa: “Dotto’ mi devo preoccupare per lo spread?”. Sorrido e penso con tenerezza a quell’uomo: non conosce la finanza. Ma poi il sorriso mi si spegne in faccia. Sto immaginando quell’uomo in questi giorni davanti al televisore a cercare di capire, dopo ore di “maratone e speciali”, cosa vogliono dire i “superesperti” intervistati al riguardo. Utilizzano un linguaggio tecnico che confonde ancor di più l’ignaro cittadino.
Ecco, questo è il momento in cui ti rendi conto che nel nostro Paese non si fa educazione finanziaria. Oggi ci interessa dare una risposta a Luca, il mio edicolante, il cui timore è paradigmatico di quello di tanti cittadini del nostro Paese. Un Paese in cui il livello di cultura finanziaria è tra i più bassi riscontrati nelle economie avanzate. Oggi Luca si chiede: a cosa si riferisce lo spread di cui si parla? chi lo genera? quali sono gli effetti pratici sulle persone? Tentiamo di rispondere destrutturando completamente il linguaggio.
Lo Spread è uno degli indicatori per analizzare lo stato di salute di un Paese. Una sorta di elettrocardiogramma del “cuore” di una nazione, ovvero la sua economia. Ovviamente per capire se il nostro cuore funziona bene occorre confrontare il nostro elettrocardiogramma con quello del paziente che ha un cuore quasi perfetto e che non presenta alcuna patologia. Convenzionalmente, si utilizza la Germania come termine di paragone perché ha un’economia abbastanza stabile e virtuosa. Nello specifico, il “cuore” su cui vengono effettuate le rilevazioni sono due obbligazioni emesse dai governi tedesco e italiano, chiamate rispettivamente Bund e Btp (Buoni del Tesoro Poliennali).
E noi sappiamo che il “cuore” di un uomo funziona meglio se si segue una giusta alimentazione, se si svolge un minimo di attività sportiva, se non si fuma, ecc…
In sintesi se si segue uno stile di vita sano il cuore sarà più efficiente e ci permetterà di sostenere prove e sforzi senza affaticarci molto e senza pagare tanto in termini di sudore, ansia, affanno, ecc. Immaginiamo allora che i due pazienti (Italia e Germania) debbano essere sottoposti ad una prova di sforzo per esaminare la tenuta del loro “cuore”: percorrere un km di corsa nel minor tempo possibile. Nel caso dei Btp italiani, possiamo dire che si tratta di un organo che permette allo stato italiano di fare il km in 10 minuti mentre nel caso dei Bund tedeschi ci troviamo di fronte ad un muscolo cardiaco che consente di percorrere la stessa distanza in 6 minuti.
Quei tempi e quei minuti sono i rendimenti (gli interessi) che pagano i Btp e i Bund e la differenza di 4 minuti è lo spread. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi è quindi proprio la differenza tra queste due percentuali, quelle relative ai tassi di interesse dei titoli italiani e tedeschi. Utilizzando lo stesso esempio di poco fa, se i Btp hanno un interesse del 3.00%, e i Bund del 1.00%, lo spread – la loro differenza – sarà pari al 2.00%, ovvero a 200 punti (perché lo spread si esprime con numeri di tre cifre che comprendono anche i decimali). Luca, a questo punto, sembra abbastanza soddisfatto ma mi chiede: “Dotto’ ho capito ma una cosa mi sfugge. Se in questo momento i Btp italiani offrono un tasso di interesse più alto rispetto a quelli tedeschi, il più alto dal 2014, allora non è più conveniente per i risparmiatori mettere i loro soldi nel ‘cuore’ italiano, visto che possono riottenerli con un interesse maggiore?”.
Caro Luca, hai ragione ma tu andresti a correre tutte le mattine per un km sapendo che il tuo cuore presenta delle patologie e che il tuo “corpo” potrebbe non reggere, addirittura con il rischio di morire? Se poi non riesci proprio a fare a meno di quella corsa mattutina, devi sottoporti ad una intensa cura farmacologica.
Lo Stato Italiano (il corpo) aumenta i suoi tassi di interesse (i minuti di percorrenza) quando teme di non trovare gli investitori (i medicinali) nei periodi di instabilità. Al contrario, i tassi di interesse offerti dai Bund tedeschi sono effettivamente più bassi perché è molto più facile reperire gli investitori.
Insomma, l’affidabilità dei titoli di stato dipende dall’affidabilità dello Stato stesso, e viceversa. In un periodo di difficoltà politica come quello che l’Italia sta vivendo in questo momento, con un governo fantasma e con i conti non proprio in regola, gli investitori – che possono essere persone singole, banche, società e persino altri Stati – temono che i “cuori” italiani non siano sicuri per i loro soldini. Per questa ragione, purtroppo, preferiscono metterli altrove e lo Stato italiano, per attrarli, gli offre rendimenti più alti che, naturalmente, allo Stato italiano costano. Mi accorgo che Luca ha capito tutto quando mi dice: “Dotto’ ma quanto costano quei medicinali? Se io non investo in titoli di Stato non rischio nulla allora?”. Luca, hai ragione solo in parte perché purtroppo, per fare stare bene lo Stato italiano, stai già pagando altri medicinali. Gli effetti di tutta questa giostra si ripercuotono a cascata sulle vite di tutti noi perché, caro Luca, avremo sicuramente:
1) Tasse più alte e servizi meno efficienti
Se una quantità maggiore di risorse dello Stato deve essere indirizzata per pagare gli interessi dei titoli di stato allora ci saranno meno capitali per la crescita e gli investimenti (ospedali, pensioni, trasporti, ecc) e quindi di certo l’economia ne soffrirà. Ad esempio, per recuperare risorse potrebbero scattare le clausole di salvaguardia inserite nella legge di bilancio che portano l’iva dal 22% al 24,2% nel 2019, al 24,9% nel 2020 e al 25% nel 2021Si tratta però di un effetto positivo a breve termine che non basta a compensare gli effetti negativi detti sopra.
2) Ma soprattutto servizi bancari più cari
Se lo spread aumenta significa che le banche, che sono obbligate a finanziare il debito pubblico, devono guadagnare da qualche altra parte ciò che stanno perdendo per effetto dei loro titoli di Stato.
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