Una classe media costretta puntualmente a pagare il conto, sacrificata sull’altare della crisi economica. Con lo Stato che sembra prendersela sembre con chi non è né ricco né povero, una situazione nella quale ricadono la maggior parte delle famiglie italiane. Questa l’analisi fatta da Paolo Baroni sulle pagine della Stampa, sottolineando due anni di tagli di pensioni, per effetto del recupero parziale di un’inflazione “che invece tra il 2022 ed il 2023 è andata al galoppo, per gli assegni che si collocano nella fascia tra i 1.786 ed 2.735 euro netti pesano tra i 595 ed i 2.769 euro netti l’anno”. Un salasso figlio “di due anni di perequazione applicata garantendo il 100% di recupero del carovita solamente a chi non supera i 2.100 euro lordi di pensione al mese. Per tutti gli altri, più sale l’importo degli assegni e meno si ottiene di perequazione. Tasse comprese in questo modo lo Stato in 10 anni risparmia 61 miliardi”. (Continua a leggere dopo la foto)
I miliardari hanno sempre più soldi da spendere: opere d’arte, boom di compravendite a sei zeri
Conteggi, ci tiene a chiarire il giornalista, fatti alla luce delle due ultime leggi di bilancio. Il futuro, però, non sembra più roseo, anzi. “Dal 2027 in poi il governo potrebbe infatti modificare i criteri di calcolo: per questo la legge di bilancio prevede che venga nominata una apposita commissione di esperti, che tra i vari criteri potrebbe utilizzare anche il deflattore Pil (parametro che misura il livello dei prezzi dividendo il Pil nominale con il Pil reale) al posto dell’attuale meccanismo di perequazione, criterio che se fosse stato applicato nel 2022-2023 avrebbe generato tagli altrettanto pesanti”. (Continua a leggere dopo la foto)
“Un salasso sulle pensioni”. Ecco chi pagherà il conto
Il criterio adottato per il 2024 prevede di assicurare il 100% di recupero dell’inflazione agli assegni sino a 4 volte il minimo, per poi scendere all’85% tra 4 e 5 volte, al 53% tra 5 e 6 volte, al 47% tra 6 e 8 volte, al 37% tra 8 e 10 volte il minimo ed infine fermarsi al 22% (32% nel 2023) per le pensioni che superano 10 volte il minimo Inps. “Dall’analisi del dipartimento previdenza della Cgil e dello Spi emergono tagli pesantissimi sulle pensioni nel biennio 2023-2024, che raggiungono 962 euro per una pensione lorda di 2.300 euro (netta 1.786), fino ad arrivare a 4.849 euro lorde per un importo di pensione lorda pari a 3.840 euro (2.735 euro nette)”. (Continua a leggere dopo la foto)
“Questi tagli proiettati sull’attesa di vita media – si legge nell’analisi – raggiungono importi elevatissimi, si parte da 6.673 euro netti per un pensionato con una pensione netta di 1.786 euro, fino a raggiungere 36.329 euro netti, per una pensione di 2.735″. Secondo Cgil, con le modifiche agli indici dal 2027 in poi potrebbe esserci “un impatto gravissimo sulle pensioni, con una perdita mensile di 78 euro per una pensione di 1.786 euro nette e di 230 euro per una pensione di 2.735 euro nette. Dati che se proiettati sull’attesa di vita media, raggiungono importi che variano tra 18.019 euro fino a 35.051 euro di mancato guadagno”. Il governo ha sottolineato come, ad oggi, niente sia ancora deciso.
Ti potrebbe interessare anche: Bassetti, che imbarazzo! Dopo Djokovic il virologo incassa un’altra sconfitta. La resa di fronte ai dati