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Prezzo del gas ridotto, perché l’Italia non può averlo e Spagna e Portogallo sì

Pubblicato il 19/05/2022 17:35

L’Europa è allo sbando. Mentre i “padroni” impongono scellerate decisioni ai loro “camerieri”, in tempi come questi, qualcuno ha il buonsenso di dissentire. Peccato che ciò si verifichi costantemente solo negli altri Paesi membri. Nell’Italia di Draghi, di Monti, del PD e dei servi della moneta unica, questo è utopico. Ecco allora che, relativamente ai temi caldi del momento, l’Unione Europea si trova ad affrontare una disparità di trattamento mai vista. Preso atto delle difficoltà interne derivanti da queste cervellotiche sanzioni e dagli enormi danni conseguenti, sono molti i Governi che, a modo loro, sono corsi ai ripari. Spagna e Portogallo sono tra questi. Riportiamo l’analisi de Il Corriere della Sera sul nuovo tetto massimo sul prezzo del gas a loro riservato.
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Come funziona il tetto sul prezzo del gas?

Bruxelles sostiene che un tetto europeo al prezzo del gas possa essere introdotto solo se Mosca interrompe le forniture. Ebbene, Portogallo e Spagna hanno ben pensato di portarsi avanti in tal senso. Come? Tramite un meccanismo temporaneo, della durata di 12 mesi, che impone un tetto al prezzo del metano consumato dalle centrali elettriche. Il citato meccanismo stabilisce un prezzo di riferimento del gas di 40 euro per MWh per sei mesi, contro i 90 euro/MWh registrati al mercato TTF di Amsterdam. Poi il tetto salirà a 50 euro/MWh circa.
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Milano – Aumento del costo delle bollette di gas e acqua

Perché Spagna e Portogallo hanno potuto mettere il tetto al gas?

Ma cerchiamo di capire perché a loro sia stata concessa tale grazia. Tutto ha inizio al Consiglio Europeo del 26 marzo. Spagna e Portogallo portano avanti un lungo negoziato, ottenendo dai capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri e dalla Commissione europea il riconoscimento dell’«eccezione iberica». Si tratta di una speciale deroga temporanea alle stringenti regole del mercato Ue, basata sul riconoscimento di una situazione di ampio isolamento dei due Paesi dal mercato elettrico europeo, a causa della mancanza di infrastrutture di connessione. Solo il 3% dell’energia è importato o esportato. Spagna e Portogallo, infatti, producono un’elevata percentuale di energia derivante da fonti rinnovabili e, grazie a sette rigassificatori, la dipendenza della penisola iberica dalle importazioni di metano via gasdotti è ridotta o comunque più diversificata di quella degli altri Paesi Ue.
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Quali vantaggi può dare alla loro economia?

Il discorso economico è abbastanza complesso. La Spagna esporta solo il 3% dell’energia prodotta verso Portogallo e Francia. Sono numeri che non impattano a grandi livelli sui mercati europei. Tuttavia la negoziazione ad prezzo di 40 euro per MWh (meno della metà del prezzo di mercato), garantirà sicuramente maggior competitività alle aziende spagnole, che si trovano ad avere un contesto di partenza diverso rispetto a quelle di altri Paesi. Con buona pace delle decine di migliaia di aziende italiani in crisi per le bollette stratosferiche.
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Perché non lo facciamo anche in Italia?

Come abbiamo raccontato in questo articolo, Mario Draghi ci aveva provato ad ottenere un tetto massimo, peccato che la risposta dell’Europa sia stata un bel due di picche. La proposta Italiana prevedeva un prezzo di 80 euro/MWh (il doppio della Penisola iberica), che si sarebbe dovuto assestare sui 60 euro/MWh nel corso del tempo. Il problema è che la proposta di Roma riguardava tutti i Paesi Ue e si è scontrata con l’opposizione dei Paesi del Nord, secondo i quali l’introduzione di un tetto altererebbe l’attuale mercato libero.
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L’Unione Europea danneggia l’Italia

Dunque, Europa unita, ma solo per gli interessi di pochi. Come sempre, l’Italia si trova a dover pagare il prezzo più alto delle decisioni di Bruxelles, rimanendo in balia di imposizioni e contesti che quasi mai agevolano l’economia del Belpaese. Ci si chiede come si possa pensare all’alterazione del mercato libero dei Paesi del nord, quando qui, nel profondo sud europeo, si vive da 20 anni una situazione di crisi che ha letteralmente distrutto quella che, negli anni ’90, era considerata la quarta potenza mondiale. Bisognerebbe avere il coraggio di fare azioni controtendenza e concrete, badando al proprio popolo invece di tutelare assurde norme di economie che di comunitario hanno solo il nome. Ma per farlo, servirebbe un Governo sovranista, al di fuori di quelle “oscure” dinamiche che nessuno cita ma che tutti conoscono.

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